RESTO DEL CARLINO:INFAMI DI PROFESSIONE

Sul Resto del Carlino di qualche giorno fa (3 aprile), come ogni giorno, le menzogne la fanno da padrona.

Si legge di un appartamento occupato in via Tibaldi dagli anarchici in risposta allo sgombero di via Paglietta, appartamento dell’Acer che guarda caso, proprio oggi, doveva essere assegnato ad una donna.

Ovviamente lo spazio ai commenti è riservato a politici, istituzioni, sbirri e benpensanti.

Come occupanti dell’appartamento volevamo mettere un po’ di cose in chiaro.

L’appartamento è occupato da ormai 2 settimane ed è stato preso per avere una casa in cui abitare, dopo che alcuni di noi erano stati cacciati via da un altro appartamento in via de Carracci, vuoto da 7 anni ed ora murato e lasciato definitivamente all’abbandono.

L’Acer in questi giorni non si è fatta minimamente vedere, come dovrebbe far di solito per registrare l’occupazione e far partire le procedure burocratiche, procedure che a quanto pare, come si è visto pure in via de Carracci, Acer decide di seguire o non seguire in base a come gli gira.

Una classica occupazione abitativa quindi, come tante altro in giro per Bologna, nate dalla necessità di avere un tetto sulla testa e dalla possibilità data dalle migliaia di appartamenti lasciati vuoti a Bologna.

Il Resto del Carlino evidentemente ha più interesse a fomentare l’odio contro gli anarchici, usando termini da terrorismo psicologico, come raid, blitz, e inventando di sana pianta la grossa balla che l’appartamento è stato sottratto ingiustamente ad una donna che l’aveva avuto in assegnazione.

Goffo tentativo di mettere in contrapposizione occupanti e assegnatari: tutti sanno che le assegnazioni Acer le farà tra maggio e giugno e visto che, questo ve lo diciamo noi, l’appartamento necessita palesemente di interventi di restauro, non era assolutamente pronto ad essere assegnato!

Con questo non vogliamo denunciare un tentativo di mal-giornalismo di un singolo giornalista imbecille e poco professionale.

I giornalisti del Resto del Carlino, come quelli di tanti altri giornalacci della stessa risma, il loro lavoro lo fanno benissimo. Mistificare la realtà delle cose per legittimare agli occhi dell’opinione pubblica gli abusi del potere e nascondere le reali problematiche di questa società, è quello che questi giornali fanno da sempre.

Un po’ di esempi: il fascista che ha accoltellato 2 settimane fa due ragazzi a Rimini, sul resto del carlino viene dipinto come una vittima che ha agito per legittima difesa contro un’orda di barbari comunisti, non è andata così; la Bolognina viene descritta come il quartiere più pericoloso e degradato di Bologna, dove inermi commercianti subiscono ogni giorno le angherie di delinquenti e vandali, non è assolutamente così; addirittura, già durante il fascismo, il Resto del Carlino raccontava che a Marzabotto non era successo niente il giorno della strage e che i partigiani altro non erano che terroristi.

Ad un giornale del genere ovviamente non abbiamo nulla da chiedere, la nostra è semplicemente una prima risposta all’ennesimo attacco, che il Resto del Carlino porta avanti contro le situazioni di lotta, per ricevere i biscottini da comune e questura.

Nonostante la minaccia dell’ennesimo sgombero, nonostante le calunnie e il tentativo di metterci in cattiva luce, non ci faremo certo intimidire e continueremo a vivere il nostro quartiere, organizzandoci con chi incontreremo per strada per affrontare le problematiche reali, dalla casa, alla pulizia sociale del quartiere, dalle grandi opere di devastazione urbana volute dal comune, alla arroganza di sbirri e fascisti di ogni sorta.

Cosa che evidentemente non va per niente a genio a chi, come il resto del carlino, il comune, la questura, il PD, ecc., racconta balle dalla mattina alla sera.

Chiudiamo cogliendo l’occasione per esprimere la nostra solidarietà e vicinanza ai compagni sgomberati il 2 aprile in mezza Italia, al Paglietta di Bologna, alla Pizzeria e alla Base di Milano, alle occupazioni abitative di Torino e Livorno, e ai 4 compagni che a Milano sono stati arrestati per resistenza.

Sgombero su sgombero prima o poi la rabbia vi si ritorcerà contro.

Occupanti di via Tibaldi 50

resistereallametropoli.noblogs.org

NON SARÀ UNO SGOMBERO A CACCIARCI DAL QUARTIERE

CRONACA

La mattina del 20 marzo la polizia sgombera con una cinquantina di agenti due appartamenti dell’ACER (azienda regionale che gestisce le case popolari) in via de’ Carracci 63, nel quartiere della Bolognina, occupati un mese e mezzo fa da alcuni compagni.

Immediatamente all’esterno si forma un presidio di solidali, mentre in un’altra parte del quartiere dal nulla spunta una barricata di cassonetti dati alle fiamme che blocca via Barbieri.

L’intero edificio di 24 appartamenti, risulta averne ben 13 vuoti da anni, mentre tutto il palazzo presenta danni strutturali causati dai lavori del cantiere per la Stazione AV, che si trova dall’altra parte della strada.

A sgombero ultimato l’ACER ha murato i due appartamenti, dopo che aveva già murato gli altri 11 in seguito alle due occupazioni, e ha sequestrato gli arredamenti con i quali gli occupanti avevano riempito le case vuote.

Al momento dello sgombero 9 sono stati denunciati per occupazione e per 5 di loro è scattato l’avvio di procedimento per il foglio di via da Bologna, dopo i 12 già inflitti in seguito ai due sgomberi dello scorso autunno avvenuti sempre nello stesso quartiere.

Il presidio che si era radunato di fronte alla palazzina sgomberata si è trasformato poi in un corteo che ha bloccato le strade della Bolognina, denunciando le responsabilità di Comune e Questura in tutti i casi di sfratti ed espulsioni in quartiere, legati al mega progetto di riqualificazione urbana che sta investendo la zona.

Il corteo è stato inseguito per tutta la mattinata da due plotoni di celere e una decina di digossini particolarmente incarogniti, che alla fine sono riusciti a fermare una compagna, poi portata in questura perché senza documenti, e a blindare il corteo in via di Corticella, rendendosi ridicoli di fronte a decine di passanti che ascoltavano interessati gli interventi fatti al megafono.

Il giorno dopo, sempre in risposta allo sgombero, qualcuno ha fatto visita agli uffici dell’ACER, con volantini e striscione, imbrattando la facciata del palazzo con scritte e uova di vernice.

CONDISERAZIONI

Questo sgombero offre lo spunto per fare alcune riflessioni su cosa sta succedendo in quartiere.

La palazzina di via de’ Carracci è uno dei tanti esempi con cui si stanno manifestando le dinamiche di una gentrification totalitaria, che mira a trasformare lo storico quartiere popolare di Bologna nel nuovo centro amministrativo della metropoli del futuro.

L’ACER, che gestisce l’immobile, e la Banca Popolare di Milano, che ne è proprietaria, stanno evidentemente aspettando che il palazzo si svuoti per poterci fare una bella speculazione edilizia. Ne sono prova il fatto che ACER da più di 7 anni non assegna appartamenti in quel palazzo, che ha murato tutti gli appartamenti vuoti in maniera definitiva e che da anni non compie lavori di ristrutturazione, nonostante i danni del TAV e le lamentele dei residenti.

Non sappiamo bene cosa ci vogliano fare, ma molti vicini parlano di un albergo per i viaggiatori del Frecciarossa, cosa più che plausibile vista l’immediata vicinanza della stazione e visto che tutti gli interventi infrastrutturali che stanno avvenendo in quartiere, dalla Trilogia Navile al People Mover, sono indirizzati a rendere la Bolognina un centro direzionale al servizio degli utenti del supertreno.

L’ACER tra l’altro negli ultimi anni si sta lasciando alle spalle una scia di devastazione del tessuto urbano, svolgendo un ruolo principale nella trasformazione della Boognina: case demolite anni fa che non sono state più ricostruite, cantieri aperti e mai finiti, case svuotate con la forza e lasciate vuote dopo il restauro, ecc.

Per di più è difficile immaginare che l’azienda sopporti che la pratica dell’occupazione possa diffondersi e portare nei cortili delle case popolari nuove pratiche e determinazione, dove ora regnano appartamenti murati, affitti in aumento e l’incubo dello sfratto; soprattutto se chi occupa cerca di creare legami di complicità e di lotta con i vicini, chiacchierando delle problematiche del quartiere e organizzandosi per risolverle in maniera diretta.

Altro problema è quello della repressione. In Bolognina la polizia è particolarmente pressante, ogni giorno si sente di retate nei bar, gente portata via per la più assurda motivazione, provocazioni e fermi violenti. Giornalisti e politici quotidianamente infamano il quartiere, parlando di una zona degradata, lasciata in mano a vandali e spacciatori, aprendo la strada ai rastrellamenti militari e alle ronde civiche di benpensanti e forcaioli. La volontà di ripulire il quartiere si manifesta forse più in questa opera di epurazione militare, che in tutto i progetti di innovazione urbana.

A vedere quante forze a messo in campo la questura in questo sgombero, ci sembra di scorgere una minaccia più ampia, che non riguarda solo le occupazioni abitative (che in quartiere sono tante e variegate, anche se non se ne sa molto, perché autorganizzate e in forma anonima), ma tutti coloro che vivono la Bolognina: l’ennesima avvisaglia che è in corso uno sgombero allargato della popolazione dal quartiere.

CONTINUIAMO

Ciò che di buono è stato costruito in questi mesi, non solo attraverso le occupazioni, sono i legami e i contatti che abbiamo stretto nelle strade: le polveri sottili e le crepe nei palazzi causati dai lavori del TAV hanno lasciato nella memoria dei residenti un rancore che, fallita la via giuridica dei risarcimenti, sembra riaffiorare in maniera più determinata; la pratica dell’occupazione è ormai sdoganata in tutto il quartiere e continua a creare nuovi legami di complicità, laddove trovano posto la paura e la solitudine; l’odio per le ronde e per la polizia ha fatto incontrare e organizzare nuove persone.

Con centinaia di case vuote in quartiere, con centinaia di lavori che devono partire e che rischiano di compromettere la vivibilità delle nostre strade, e con la minaccia costante di essere sbattuti fuori dalla città, non ci si può certo fermare davanti ad uno sgombero.

Quello che è successo in via de Carracci 63 è uno dei tanti esempi che si verificheranno nell’intero quartiere.

Saperlo ci da modo di organizzarci in tempo perché questa riqualificazione non avvenga mai.

Come fare nessuno può saperlo con precisione.

Qualcuno ci sta provando occupando gli spazi e cercando di strapparli alla speculazione, denunciando gli interessi economici e sociali di banche e partiti, organizzandosi contro l’arroganza di borghesi e polizia, smettendo di combattere la guerra tra poveri che ci impongono attraverso lo spauracchio della crisi e iniziando a combattere la guerra contro i potenti.

Non sappiamo dire se questa resistenza all’invasione della Bolognina risulterà vincente, ma quello che stiamo vedendo con i nostri occhi è che, se ci si attiva, ci sono tutte le possibilità per farcela.

Noi non ci fermiamo e saremo sempre nelle strade.

SCARICA IL PDF

BOLOGNINA

LA LOTTA NON È MAI FINITA

Più di 150 anni fa veniva costruita a Bologna la Stazione dei Treni che avviò un importante trasformazione per la città, la nascita di un nuovo quartiere che ne segnerà la storia: la Bolognina.

Fin dall’inizio del ‘900 il quartiere è stata la culla delle varie comunità migranti che si spostavano verso la città, prime fra tutti meridionali e cinesi (che si iniziarono a stabilire dal 1934); con una storia di lotte, dalla resistenza antifascista, alle lotte operaie dagli anni 50 agli anni 80, alle lotte per la casa negli anni 90 e 2000.

Oggi la costruzione di un nuova stazione, quella dell’Alta Velocità, quella che rappresenta il futuro, dove il progresso è riservato a pochi mentre per gli altri non resta che subire la devastazione di queste nuove tecnologie, rischia di distruggere 150 anni di solidarietà e di lotta.

Grazie all’Alta Velocità, si è avviata infatti la trasformazione della Bolognina, da quartiere popolare a nuovo centro amministrativo e finanziario di Bologna, base di un tentativo più ampio di rilanciare l’economia di Bologna sfruttando la sua posizione nevralgica di scalo dei trasporti.

Un processo che sta andando avanti già da alcuni anni, di cui progetti vengono sbandierati su tutti i media. L’idea è quella di circondare il quartiere con infrastrutture di elevato interesse commerciale, capaci di attrarre capitale da tutto il mondo e rendere così la Bolognina un importante quartiere della città, riqualificato e al servizio della rampante classe alta dei nostri tempi. Partendo proprio dalla stazione a sud, troviamo il nuovo comune in piazza Liber Paradisus, la Trilogia Navile, il cantiere del campus di biotecnologie, il CNR, il futuro tecnopolo, la fiera e il mega parcheggio dei salesiani, che chiude l’anello. Anche all’interno del quartiere l’invasione sta avanzando, c’è già un centro commerciale al posto delle ex officine Minganti, la sede dell’Alstom, più altri uffici e 2 banche al posto della ex-Sasib, mentre dove un tempo c’erano le Cevolani stanno realizzando un complesso di 106 appartamenti di lusso. Una nuova uscita autostradale, la linea metropolitana e il collegamento tramite People Mover con l’aeroporto completano il disegno di un quartiere funzionale unicamente a manager e affaristi.

Inutile sottolineare che in un quartiere progettato così, dall’alto, non ci sarà posto per chi storicamente ha sempre abitato il quartiere: lavoratori, disoccupati, studenti squattrinati, migranti, poveri.

Ne è una prova lampante la politica che il potere locale sta adottando nel quartiere: i giornali sono pieni di notizie che esasperano la percezione di insicurezza e degrado in quartiere, fungendo da apri pista agli interventi di polizia e simili, che perseguitano quotidianamente migranti e senza tetto, cacciandoli fisicamente dal quartiere; il comune oltre a sguinzagliare i propri cani da guardia, polizia municipale e assistenti civici, aumenta gli affitti delle case popolari, sfratta intere famiglie, vende le case pubbliche, regala terreni alle banche perchè costruiscano nuovi mostri di cemento, aumenta le telecamere e fomenta il perbenismo delle associazioni di commercianti contro chi sopravvive alla giornata.

Il futuro stile di vita pubblicizzato dai progettatori del quartiere è un incubo da sit-com americana, dove la vita si svolgerebbe tra loft pieni di inutili cianfrusaglie alla moda e uffici asettici. Nelle strade si vedrebbero solo impiegati con la faccia spenta che trascinano le loro borse tra lavoro, casa e palestra. Tutto sembrerebbe finto, si ride delle disgrazie altrui, perchè si è perso il significato di cos’è la gioia di vivere, ci si veste come damerini per essere alla moda e si mangia merda dai take-away perchè ci si è dimenticato della funzione dei beni di prima necessità. Nessuno si ferma, se non per consultare un attimo il suo tablet. Non ci sono bambini che giocano in piazza o nei cortili delle case popolari. I bar ospiterebbero solo individui chiusi nel loro mondo virtuale, seduti ad un tavolino con il loro pc, oppure riunioni di affari. Si parla molto, ma non si comunica niente.

Un incubo che in ogni caso non ci vedrebbe protagonisti, visto che noi saremo in qualche ghetto ancora più in periferia o a combattere la miseria nei nostri paesi di origine o in carcere.

Un progetto sul quale però non è stata ancora detta l’ultima parola e che offre tutte le possibilità per farlo saltare.

Se è vero che molte infrastrutture sono quasi ultimate, queste dovranno funzionare per valorizzare realmente il quartiere e attrarre così la classe alta, mentre altri progetti devono ancora prendere forma, come il campus al Navile, il People Mover o il Tecnopolo, senza dimenticare tutte le aree “degradate” che potrebbero essere presto strappate al quartiere per essere date in pasto alla riqualificazione. In entrambi i casi è sempre possibile mettere i bastoni tra le ruote e far sì che queste opere, o non funzionino mai o non vengano proprio realizzate.

Il processo di gentrification (cioè la sostituzione dall’alto di una classe povera con un classe ricca in una determinata zona urbana) è ancora agli albori, in quartiere ci abitiamo ancora noi, e ancora non sono stati realizzati importanti insediamenti di borghesi (cosa che potrebbe avvenire se entrerà in pieno regime la Trilogia Navile). In questo caso l’occupazione dei posti vuoti e la resistenza fisica ai tentativi di espulsione, che siano sfratti o sgomberi, è sicuramente il mezzo più efficace che abbiamo per lottare contro questo tentativo di epurare il quartiere.

In ogni caso ciò che ognuno dovrebbe iniziare a fare è lottare in prima persona. Purtroppo in questo quartiere paghiamo lo scotto di un centro-sinistra strapotente, che ha saputo mantenere le posizioni di potere che aveva come PCI ed ha con il tempo educato la popolazione alla delega e alla semplice lamentela democratica.

Bisogna quindi innanzitutto ritrovare quel fervore della lotta, che per quasi un secolo ha animato questo quartiere.

Bisogna ritrovare quel senso di comunità territoriale, di solidaritetà, di unione, che ha portato la gente sulle barricate contro i fascisti e contri i padroni, per tornare a combattere i nuovi nemici.

Perchè non è giusto che il potere continui a decidere delle nostre vite e dei nostri territori come se fossimo pedine sulla scacchiera e non è possibile che questa scacchiera non si riesca mai a farla saltare.

Non è possibile continuare a vivere tra cantieri e fermi di polizia per essere sbattutti fuori a lavori ultimati.

Non è possibile accettare gli aumenti degli affitti, dei trasporti, dei beni di prima necessità, solo perchè i potenti hanno deciso così.

Non è vita subire passivamente le decisioni calate dall’alto, sbattersi per adempire agli ordini che ci vengono imposti e morire avendo fatto unicamente quello che il potere ci dice di fare!

 Occupiamo le strade, i palazzi abbandonati, le piazze, riappropriamoci di quello che ci serve (cibo, vestiti, luce, gas, trasporti, ecc.) senza pagare ancora, combattiamo l’arroganza di polizia e benpensanti, riprendiamo in mano le nostre vite e i nostri territori.

Qualcuno ha già iniziato, ma bisogna farlo tutti, perchè nessuno lo farà al posto nostro e perchè tutti insieme siamo invincibili.

resistereallametropoli@autistici.org

I NEMICI DELLA VAL SUSA SONO NOSTRI NEMICI

La solidarietà non è solo una questione di simpatia, nè tanto meno una forma di pietismo caritatevole, ma una forma di fratellanza che si instaura tra chi si trova a lottare dallo stesso lato della barricata contro un nemico comune.

La lotta in Val di Susa ha avuto il merito, tra gli altri, di svelare le menzogne del progressismo democratico e di individuare i precisi responsabili della devastazione ambientale e sociale, sia in Valle che altrove.

Banche, partiti, aziende, istituzioni. Possono cambiare i nomi e gli interessi locali, ma non sono che maschere del medesimo sistema.

 Qui a Bologna gli esempi sono tanti.

 A partire dalla Carisbo (del gruppo Intesa San Paolo, principale finanziatore del progetto TAV) la banca che sta finanziando i processi di devastazione del tessuto urbano Bolognese: dagli investimenti per la nuova Stazione Av, che ha creato danni ingenti alle abitazioni di via Carracci e principale motore del processo di trasformazione sociale della Bolognina, alla commissione dei lavori per la Trilogia Navile, mostro metropolitano frutto delle logiche di speculazione e gentrification; dal finanziamento dei campus-ghetto per studenti, alla concessioni dei terreni per l’avvio della riqualificazione del Pilastro, altro quartiere abitato da “gente pericolosa” e quindi da “ripulire”.

In generale Carisbo è la banca ufficiale di tutto il progetto di metropolizzazione “Bologna 2021”, che racchiude tutti questi interventi urbani in un piano più ampio: la realizzazione di una metropoli del futuro, scientificamente studiata per sfruttare al massimo la posizione nevralgica di Bologna e la vita dei suoi abitanti, stravolgendo e dividendo i quartieri in base al livello sociale delle persone, in modo da renderli meno pericolosi e più controllati.

Una città che funzioni come una macchina, dove siamo destinati a fare una vita da ingranaggi.

Altro esempio che ci collega direttamente alla Val Susa è il PD, il partito ufficiale dell’alta velocità italiana e reggente di un potere pluri-decennale sotto le due torri.

Qui a Bologna non mancano certo i motivi per ritenere il PD uno dei nostri principali nemici, a partire proprio dalla progettazione e la realizzazione del progetto di metropolizzazione, cavallo di battaglia del sindaco Virginio Merola fin da quando era assessore all’urbanistica con Cofferati. Basti pensare, poi, agli sgomberi attuati in tutti questi anni contro spazi sociali e senza tetto, alla gestione e alla volontà di riaprire il CIE, alla persecuzione politica delle lotta che in questa città è tra le più dure, al supporto politico ed economico della speculazione edilizia e delle cooperative del cemento (anche a costo di fare delle gran figure di merda come con il Civis), alla guerra che ogni giorno porta avanti verso i più poveri, attraverso la gestione delle case popolari sempre più elitaria e repressiva, l’aumento del costo dei trasporti e dei servizi, le retate “anti-degrado” contro i migranti, la militarizzazione dei quartieri popolari.

Il PD a Bologna, con il giro di affari e conoscenze che gli gravita attorno, tra cooperative, aziende, università e grandi banche, è certamente il fulcro principale della devastazione silenziosa che sta investendo la città e i suoi abitanti.

Il PD, la Carisbo, ma anche l’Alstom, in via Corticella, che fabbrica treni AV, la CCC, che ha costruito buona parte delle tratte AV, e vincitrice degli appalti per Liber Paradisus, Civis e People Mover, l’Italfer, Trenitalia, l’Eni, sono tutti responsabili della devastazione dell’Alta Veocità in Val Susa che allungano le mani anche sul territorio bolognese per poter trarre il loro guadagno, privando gli abitanti di qualsiasi possibilità di vivere in modo libero la propria città.

Per evitare che lo sfruttamento e il controllo delle nostre vite continui a riprodursi in maniera sempre più efferata, occorre che anche qui si inizino a mettere i bastoni tra le ruote alla grande macchina del nemico.

SABOTAv

1 MESE DI MOBILITAZIONE SOLIDALE CON I COMPAGNI ARRESTATI

 Dopo mesi di criminalizzazione mediatica contro il movimento notav, il 9/12 4 compagni vengono arrestati perché accusati di aver partecipato a un’azione di danneggiamento di alcune attrezzature del cantiere tav in valsusa nella notte fra il 13 e il 14 maggio.

per la procura di torino si tratta di attentato con finalitÀ di terrorismo .

Per noi si tratta di un atto di giusta resistenza

 ALLO STESSO MODO RISPEDIAMO AL MITTENTE LE ACCUSE DI TERRORISMO: TERRORISTA È LO STATO, CHE IMPONE CON IL TERRORE LA DEVASTAZIONE DI UN TERRITORIO AI SUOI ABITANTI, ATTRAVERSO BOTTE, GAS LACRIMOGENI, ARRESTI E CAMPAGNE GIORNALISTICHE DA REGIME.

 PER IL 22 FEBBRAIO È STATA INDETTA UNA GIORNATA DI MOBILITAZIONE NELLE VARIE CITTÀ, IN SOLIDARIETÀ CON I COMPAGNI ARRESTATI E CONTRO LA REPRESSIONE DELLE LOTTE TERRITORIALI.

L’ALTA VELOCITÀ A BOLOGNA HA GIÀ FATTO I SUOI DANNI, COME LA DEVASTAZIONE DEL MUGELLO LUNGO LA TRATTA FIRENZE-BOLOGNA, CON LA DISTRUZIONE DI 81 FALDE ACQUIFIRE, O COME I DANNI AI PALAZZI CAUSATI DAI LAVORI PER LA STAZIONE AV IN VIA CARRACCI.

OLTRE AI DANNI FISICI, L’ALTA VELOCITÀ È IL MOTORE PRINCIPALE DEI PROCESSI DI RIQUALIFICAZIONE IN BOLOGNINA. IL QUARTIERE, INFATTI, È STATO DESIGNATO, PROPRIO PER LA SUA VICINANZA ALLA STAZIONE, A DIVENTARE LO SCALO PER MANAGER E DIRIGENTI CHE TRANSITERANNO NELLA FUTURA BOLOGNA, CENTRO NEVRALGICO NELLA RETE TAV EUROPEA. UNA TRASFORMAZIONE IMPOSTA DALL’ALTO, CHE PUNTA AD ALLONTANARE LE FASCE PIÙ POVERE DELLA POPOLAZIONE DAL QUARTIERE, PER MEZZO DI SFRATTI, SGOMBERI, AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA, ESPULSIONE DI MIGRANTI E RETATE DELLA POLIZIA.

 A QUESTO PROCESSO DI RIQUALIFICAZIONE, NEGLI ULTIMI MESI, SI SONO OPPOSTI PICCOLI ATTI DI RESISTENZA, ATTRAVERSO L’OCCUPAZIONE DEI POSTI OGGETTO DI SPECULAZIONI EDILIZIA E LA RESISTENZA AGLI SGOMBERI, CORTEI SELVAGGI, ASSEMBLEE E MOMENTI DI SOLIDARIETÀ SPONTANEA CONTRO POLIZIA E “FORCAIOLI”.

A QUESTI EPISODI SONO OVVIAMENTE SEGUITI DENUNCE E FOGLI DI VIA.

PER RILANCIARE L’OPPOSIZIONE CONTRO CIÒ CHE RAPPRESENTA IL TAV A BOLOGNA E SOPRATTUTTO PER RENDERE CONCRETA LA SOLIDARIETÀ CON I COMPAGNI ARRESTATI IL 9/12

 SOLIDARIETA’ CON NICCO, CHIARA, MATTIA E CLAUDIO 

GIU’ LE MANI DALLA VAL SUSA

RONDE IN BOLOGNINA, SCENDIAMO NELLE STRADE

Da tanto tempo sulle varie testate giornalistiche, dal resto del carlino alla repubblica, la Bolognina viene sbattuta in prima pagina come quartiere più degradato e pericoloso di Bologna.
I casi di ritrovamento di droga, di piccoli furti e vandalismi, vengono esasperati con toni
apocalittici e dichiarazioni drammatiche da parte dei bravi cittadini, come se il degrado fosse il problema assoluto di tutta la popolazione del quartiere.
Al coro mediatico, fomentato all’inizio dai vari partiti di destra, PDL e Lega, si è presto accodato il PD che, come in via Petroni, non ha saputo resistere alle pressioni dei commercianti e dei cittadinisti borghesi. Risultato di questo castello mediatico è la creazione delle ronde civiche, approvate dal consiglio dei quartieri lo scorso mese e in programma da marzo in poi.
Non vogliamo negare che spaccio e delinquenza siano totalmente assenti in queste strade, ma siamo convinti che i veri problemi siano altri, e soprattutto che le ronde non siano affatto una soluzione!
Le ronde, nate come pratica di controllo militare, ricordano con un filo diretto le squadracce fasciste del ventennio, che diedero il via alla dittatura mussoliniana; non a caso molti di questi assistenti civici che le costituiranno saranno facistoidi o ex poliziotti, che sfrutteranno la copertura istituzionale per poter sfogare le loro manie autoritarie.
Se consideriamo poi il clima in cui si inseriscono queste ronde, dove il binomio
delinquente-immigrato si fa sempre più stretto e la propaganda legalitaria fomenta sempre di più la guerra tra poveri, è facile immaginare un moltiplicarsi di pestaggi e aggressioni razziste e xenofobe.
Chi spinge per creare questo clima di insicurezza e per fare queste passeggiate notturne ha ovviamente i suoi interessi.
In primis i commercianti traggono un vantaggio diretto dalla “pulizia” del quartiere, che vedono nella riqualificazione un cambiamento di contesto sociale e quindi un maggior giro di soldi.
La stessa riqualificazione che tanto è fomentata dal comune, che ha il progetto di trasformare la Bolognina nel centro direzionale della futura Bologna Metropolitana, e può così servirsi, non solo dei suoi poliziotti, ma anche dell’appoggio della minoranza piccolo borghese, per cacciare le classi più povere e agitate dal quartiere.
Le ronde partiranno da marzo in via Niccolò Dall’ Arca e via Albani.
Convinti che le strade sono di chi le vive e non di chi impone pratiche di controllo invitiamo
chiunque voglia ad organizzarsi affinché queste ronde trovino ovunque la strada sbarrata.

ACER: TOGLIE LE CASE AI POVERI E LE RIQUALIFICA PER I RICCHI

Il comune, ormai lo sanno tutti, ha deciso che la Bolognina deve cambiare volto.

Da anni mostri di cemento, come il nuovo Comune, la Trilogia Navile e la Stazione dell’Alta Velocità, stanno trasformando il quartiere, andandone a modificare nel profondo la natura sociale.

Spalleggiati da un’informazione asservita che tende a presentare la Bolognina come il quartiere più pericoloso di Bologna e aiutati dagli interventi militari della polizia che ricordano le squadracce fasciste, i signori di Palazzo d’Accursio stanno sostituendo le classi più basse e meticce che storicamente abitano il quartiere, con funzionari e dipendenti della classe media, ricchi imprenditori e manager. Una classe pulita, che spende soldi e se ne sta buona.

Così facendo si allarga il giro di soldi del business immobiliare e del commercio, e allo stesso tempo si allontanano sempre di più le fasce di popolazione più affamate dal cuore della città, in modo che non costituiscano più un pericolo per la sicurezza e per le proprietà dei ricchi.

Per far ciò il Comune sta attuando una precisa opera di espulsione dei più poveri tramite Acer, l’ente che si occupa delle case popolari.

Sono sempre di più le persone che vedono notificarsi lo sfratto da Acer in Bolognina, che spesso si aggrappa ai motivi più assurdi per giustificare l’ingiunzione, o, semplicemente, non rinnova l’assegnazione.

Questo perchè sono anni ormai che Acer sta cambiando le sue politiche economiche in quartiere, ristrutturando i suoi palazzi (che spesso restano vuoti come i 19 appartamenti in via Albani) e fissando dei canoni calmierati per gli affitti al posto delle assegnazioni popolari.

Ciò vuol dire che se prima in una casa popolare in Bolognina si pagava un canone fisso di 25€ al mese, ora con gli affitti calmierati solo una parte è finanziata dal comune, ed un appartamento viene a costare intorno ai 400€ al mese.

Un aumento non di poco che costringe le famiglie rassegnate a cercare soluzioni abitative sempre più lontano dal centro e che va ad aggravare ulteriormente il bilancio di sfrattati e senza casa in città.

C’è poco da discutere. La casa è una necessità e chi ce la vuole togliere va combattuto. Inutile stare a sperare che il politicante di turno salvi la situazione, inutile aspettare qualcuno che lotti al posto nostro. Guardiamoci bene intorno, scegliamo i fratelli e sorelle con cui lottare e cominciamo.

TOCCA ORGANIZZARSI

OCCUPARE LE CASE E RESISTERE AGLI SFRATTI

RIPRENDIAMOCI IL QUARTIERE

resistereallametropoli@autistici.org

BASTA SFRATTI, LA CASA SI DIFENDE!

I dati dell’emergenza abitativa degli ultimi anni parlano chiaro: 13.200 esecuzioni di sfratto richiesti nello scorso anno in regione e 900 in previsione solo nel comune di Bologna per il prossimo anno; un aumento del 42% che rende evidente come la questione degli sfratti sia un problema sempre più diffuso.
Lo scenario in cui si materializzano questi numeri è quello di una città che ribolle di spazi vuoti, come le 8000 case sfitte o i tanti edifici abbandonati sparsi in tutti i quartieri, parte dei quali di proprietà, come quelli delle poste, delle ferrovie, dell’inps e tanti altri.
La riqualificazione urbana e la scusa della crisi economica, fanno aumentare sempre di più gli affitti, soprattutto in Bolognina, dove la costruzione di nuove infrastrutture, come la Stazione Alta Velocità, la nuova sede del Comune, la Trilogia Navile, ecc., fanno aumentare non solo il valore immobiliare, ma il prezzo complessivo della vita in quartiere. Quello che vogliono è un quartiere senza alcun tessuto sociale, un polo amministrativo fatto di anonime esistenze, dove non c’è spazio per migranti, poveri, giovani ribelli, anarchici, chiunque si viva la strada come luogo di reale aggregazione e socialità
Con le migliaia di persone costrette a vivere per le strade e con altrettante sul baratro dell’imminente sfratto, non si può lasciare in pace chi, attraverso l’imposizione della proprietà immobiliare e del potere che ne deriva, continua a fare affari speculando sulla nostra pelle e devastando il quartiere.
La storia recente di Bologna parla chiaro: sgomberi e sfratti anche violenti, come quelli che abbiamo subito in via di Saliceto e in via Spada, piani urbanistici che prevedono solo la costruzione di appartamenti classe A, da 6.000€ al metro quadro, che in pochi si possono permettere. É evidente come non sia assolutamente dal comune o dalla prefettura che arriverà quel sostegno che permetterebbe a tutti quanti di avere un tetto sopra la testa.
Nessuno ci regala niente. Quello che realmente può mettere alle strette palazzinari, banchieri e imprenditori del cemento, e può darci ciò che vogliamo è l’autorganizzazione, una rete di persone che in prima persona si autogestiscono la lotta e la vita collettiva in quartiere, un qualcosa che permette, tra le altre cose, di non essere soli quando l’ufficiale giudiziario si presenta alla porta per cacciarci di casa.
Se tutte le mattine diverse famiglie vengono gettate in strade, è anche perché questa società ci sta rendendo soggetti isolati che non riescono a stringere quei rapporti sociali di complicità e reale condivisione; è anche grazie a questo che tutti gli abusi da parte di stato, polizia e ufficiali giudiziari, si susseguono imperterriti.
Oggi come nel passato le forme di resistenza si sono create, allargate, sostenute; è ora di dare un seguito a tutto ciò, una resistenza diffusa ovunque, che crei una rete tale per cui l’oppressione si sgretoli piano piano,
fino alla cacciata dal quartiere di chi vorrebbe fare i propri affari sulla nostra pelle.
LA BOLOGNINA È DI CHI CI VIVE!

OCCUPAZIONE IN VIA SPADA 54

Nella mattinata di sabato è stata annunciata l’occupazione di uno stabile in via Spada 54, a una settimana dalla resistenza e dallo sgombero di via Saliceto. Nel primo pomeriggio, il proprietario e un paio di volanti si presentano davanti alla palazzina di quattro piani, per reclamare la decina di appartamenti vuoti e abbandonati. Verso le 19 iniziano le operazioni di sgombero che impiegano una sessantina di sbirri antisommossa; subito un paio di compagni riesce a salire sul tetto. Le barricate reggono per un paio d’ore, ma alla fine cedono e chi si trovava all’interno dello stabile viene portato in questura e denunciato per occupazione e danneggiamento in concorso; a tre occupanti viene notificato il folgio di via da Bologna. Nel frattempo due compagni resistono sul tetto, i pompieri non si accollano il rischio di tirarli giù, mentre in strada si raduna un gruppo di solidali per presidiare la situazione nel corso della nottata.

Per domenica alle 18.00 è stato indetto un presidio contro gli sgomberi in Piazza Dell’Unità.

AGGIORNAMENTO: Nella tarda serata di domenica i due compagni ancora sul tetto sono scesi e tratti in questura, dove oltre alle denunce del caso hanno ricevuto il foglio di via.

 

Ascolta un resoconto della resistenza e dello sgombero da Radioblackout

Leggi il volantino distribuito per annunciare l’occupazione

Riceviamo e diffondiamo questo resoconto:

Dopo 26 ore di resistenza sul tetto alla fine i compagni sono scesi.
Nel pomeriggio di domenica, dopo che per tutta la notte e tutta la mattinata si è mantenuta la presenza solidale sotto lo stabile occupato, si è svolto un presidio nella centrale piazza dell’Unità, che si è poi spostato nuovamente in via Spada, dalla quale poi è partito un corteo determinato per le strade del quartiere. Barricate con i cassonetti per bloccare le principali strade, qualcuno dato anche alle fiamme, e fuochi d’artificio hanno animato le strade della Bolognina, prima che il corteo si ricompattasse nuovamente davanti allo schieramento di celerini che stazionavano sotto l’occupazione.
A quel punto, verso le 22, i compagni sul tetto hanno detto agli sbirri che sarebbero scesi in cambio degli attrezzi che si trovavano ancora nello stabile e della promessa di non essere portati in questura. Anche questa volta però gli infami in divisa hanno dato vera prova di sé: prima li hanno fatti scendere, poi li hanno ammanettati e circondati, manganello in mano, minacciando il pestaggio nel caso ci avessero avvisato che ce li stavano portando via sotto al naso.
Fiutata la mossa, un gruppo di compagni si è spostato sotto la questura. I 2 che erano sul tetto sono stati rilasciati verso l’1 e 20, denunciati per occupazione, danneggiamento in concorso e per ognuno è scattato il foglio di via. Alcuni attrezzi sono stati recuperati, ma molti altri sono stati fatti sparire dalla polizia.
Alla fine comunque sono state altre 2 importanti giornate di lotta, che mettono bene in chiaro la volontà di resistere ai processi di riqualificazione di questo quartiere e di prendersi in maniera diretta ciò che ci serve, a partire dalle case e dalle strade