NON SARÀ UNO SGOMBERO A CACCIARCI DAL QUARTIERE

CRONACA

La mattina del 20 marzo la polizia sgombera con una cinquantina di agenti due appartamenti dell’ACER (azienda regionale che gestisce le case popolari) in via de’ Carracci 63, nel quartiere della Bolognina, occupati un mese e mezzo fa da alcuni compagni.

Immediatamente all’esterno si forma un presidio di solidali, mentre in un’altra parte del quartiere dal nulla spunta una barricata di cassonetti dati alle fiamme che blocca via Barbieri.

L’intero edificio di 24 appartamenti, risulta averne ben 13 vuoti da anni, mentre tutto il palazzo presenta danni strutturali causati dai lavori del cantiere per la Stazione AV, che si trova dall’altra parte della strada.

A sgombero ultimato l’ACER ha murato i due appartamenti, dopo che aveva già murato gli altri 11 in seguito alle due occupazioni, e ha sequestrato gli arredamenti con i quali gli occupanti avevano riempito le case vuote.

Al momento dello sgombero 9 sono stati denunciati per occupazione e per 5 di loro è scattato l’avvio di procedimento per il foglio di via da Bologna, dopo i 12 già inflitti in seguito ai due sgomberi dello scorso autunno avvenuti sempre nello stesso quartiere.

Il presidio che si era radunato di fronte alla palazzina sgomberata si è trasformato poi in un corteo che ha bloccato le strade della Bolognina, denunciando le responsabilità di Comune e Questura in tutti i casi di sfratti ed espulsioni in quartiere, legati al mega progetto di riqualificazione urbana che sta investendo la zona.

Il corteo è stato inseguito per tutta la mattinata da due plotoni di celere e una decina di digossini particolarmente incarogniti, che alla fine sono riusciti a fermare una compagna, poi portata in questura perché senza documenti, e a blindare il corteo in via di Corticella, rendendosi ridicoli di fronte a decine di passanti che ascoltavano interessati gli interventi fatti al megafono.

Il giorno dopo, sempre in risposta allo sgombero, qualcuno ha fatto visita agli uffici dell’ACER, con volantini e striscione, imbrattando la facciata del palazzo con scritte e uova di vernice.

CONDISERAZIONI

Questo sgombero offre lo spunto per fare alcune riflessioni su cosa sta succedendo in quartiere.

La palazzina di via de’ Carracci è uno dei tanti esempi con cui si stanno manifestando le dinamiche di una gentrification totalitaria, che mira a trasformare lo storico quartiere popolare di Bologna nel nuovo centro amministrativo della metropoli del futuro.

L’ACER, che gestisce l’immobile, e la Banca Popolare di Milano, che ne è proprietaria, stanno evidentemente aspettando che il palazzo si svuoti per poterci fare una bella speculazione edilizia. Ne sono prova il fatto che ACER da più di 7 anni non assegna appartamenti in quel palazzo, che ha murato tutti gli appartamenti vuoti in maniera definitiva e che da anni non compie lavori di ristrutturazione, nonostante i danni del TAV e le lamentele dei residenti.

Non sappiamo bene cosa ci vogliano fare, ma molti vicini parlano di un albergo per i viaggiatori del Frecciarossa, cosa più che plausibile vista l’immediata vicinanza della stazione e visto che tutti gli interventi infrastrutturali che stanno avvenendo in quartiere, dalla Trilogia Navile al People Mover, sono indirizzati a rendere la Bolognina un centro direzionale al servizio degli utenti del supertreno.

L’ACER tra l’altro negli ultimi anni si sta lasciando alle spalle una scia di devastazione del tessuto urbano, svolgendo un ruolo principale nella trasformazione della Boognina: case demolite anni fa che non sono state più ricostruite, cantieri aperti e mai finiti, case svuotate con la forza e lasciate vuote dopo il restauro, ecc.

Per di più è difficile immaginare che l’azienda sopporti che la pratica dell’occupazione possa diffondersi e portare nei cortili delle case popolari nuove pratiche e determinazione, dove ora regnano appartamenti murati, affitti in aumento e l’incubo dello sfratto; soprattutto se chi occupa cerca di creare legami di complicità e di lotta con i vicini, chiacchierando delle problematiche del quartiere e organizzandosi per risolverle in maniera diretta.

Altro problema è quello della repressione. In Bolognina la polizia è particolarmente pressante, ogni giorno si sente di retate nei bar, gente portata via per la più assurda motivazione, provocazioni e fermi violenti. Giornalisti e politici quotidianamente infamano il quartiere, parlando di una zona degradata, lasciata in mano a vandali e spacciatori, aprendo la strada ai rastrellamenti militari e alle ronde civiche di benpensanti e forcaioli. La volontà di ripulire il quartiere si manifesta forse più in questa opera di epurazione militare, che in tutto i progetti di innovazione urbana.

A vedere quante forze a messo in campo la questura in questo sgombero, ci sembra di scorgere una minaccia più ampia, che non riguarda solo le occupazioni abitative (che in quartiere sono tante e variegate, anche se non se ne sa molto, perché autorganizzate e in forma anonima), ma tutti coloro che vivono la Bolognina: l’ennesima avvisaglia che è in corso uno sgombero allargato della popolazione dal quartiere.

CONTINUIAMO

Ciò che di buono è stato costruito in questi mesi, non solo attraverso le occupazioni, sono i legami e i contatti che abbiamo stretto nelle strade: le polveri sottili e le crepe nei palazzi causati dai lavori del TAV hanno lasciato nella memoria dei residenti un rancore che, fallita la via giuridica dei risarcimenti, sembra riaffiorare in maniera più determinata; la pratica dell’occupazione è ormai sdoganata in tutto il quartiere e continua a creare nuovi legami di complicità, laddove trovano posto la paura e la solitudine; l’odio per le ronde e per la polizia ha fatto incontrare e organizzare nuove persone.

Con centinaia di case vuote in quartiere, con centinaia di lavori che devono partire e che rischiano di compromettere la vivibilità delle nostre strade, e con la minaccia costante di essere sbattuti fuori dalla città, non ci si può certo fermare davanti ad uno sgombero.

Quello che è successo in via de Carracci 63 è uno dei tanti esempi che si verificheranno nell’intero quartiere.

Saperlo ci da modo di organizzarci in tempo perché questa riqualificazione non avvenga mai.

Come fare nessuno può saperlo con precisione.

Qualcuno ci sta provando occupando gli spazi e cercando di strapparli alla speculazione, denunciando gli interessi economici e sociali di banche e partiti, organizzandosi contro l’arroganza di borghesi e polizia, smettendo di combattere la guerra tra poveri che ci impongono attraverso lo spauracchio della crisi e iniziando a combattere la guerra contro i potenti.

Non sappiamo dire se questa resistenza all’invasione della Bolognina risulterà vincente, ma quello che stiamo vedendo con i nostri occhi è che, se ci si attiva, ci sono tutte le possibilità per farcela.

Noi non ci fermiamo e saremo sempre nelle strade.

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BOLOGNINA

LA LOTTA NON È MAI FINITA

Più di 150 anni fa veniva costruita a Bologna la Stazione dei Treni che avviò un importante trasformazione per la città, la nascita di un nuovo quartiere che ne segnerà la storia: la Bolognina.

Fin dall’inizio del ‘900 il quartiere è stata la culla delle varie comunità migranti che si spostavano verso la città, prime fra tutti meridionali e cinesi (che si iniziarono a stabilire dal 1934); con una storia di lotte, dalla resistenza antifascista, alle lotte operaie dagli anni 50 agli anni 80, alle lotte per la casa negli anni 90 e 2000.

Oggi la costruzione di un nuova stazione, quella dell’Alta Velocità, quella che rappresenta il futuro, dove il progresso è riservato a pochi mentre per gli altri non resta che subire la devastazione di queste nuove tecnologie, rischia di distruggere 150 anni di solidarietà e di lotta.

Grazie all’Alta Velocità, si è avviata infatti la trasformazione della Bolognina, da quartiere popolare a nuovo centro amministrativo e finanziario di Bologna, base di un tentativo più ampio di rilanciare l’economia di Bologna sfruttando la sua posizione nevralgica di scalo dei trasporti.

Un processo che sta andando avanti già da alcuni anni, di cui progetti vengono sbandierati su tutti i media. L’idea è quella di circondare il quartiere con infrastrutture di elevato interesse commerciale, capaci di attrarre capitale da tutto il mondo e rendere così la Bolognina un importante quartiere della città, riqualificato e al servizio della rampante classe alta dei nostri tempi. Partendo proprio dalla stazione a sud, troviamo il nuovo comune in piazza Liber Paradisus, la Trilogia Navile, il cantiere del campus di biotecnologie, il CNR, il futuro tecnopolo, la fiera e il mega parcheggio dei salesiani, che chiude l’anello. Anche all’interno del quartiere l’invasione sta avanzando, c’è già un centro commerciale al posto delle ex officine Minganti, la sede dell’Alstom, più altri uffici e 2 banche al posto della ex-Sasib, mentre dove un tempo c’erano le Cevolani stanno realizzando un complesso di 106 appartamenti di lusso. Una nuova uscita autostradale, la linea metropolitana e il collegamento tramite People Mover con l’aeroporto completano il disegno di un quartiere funzionale unicamente a manager e affaristi.

Inutile sottolineare che in un quartiere progettato così, dall’alto, non ci sarà posto per chi storicamente ha sempre abitato il quartiere: lavoratori, disoccupati, studenti squattrinati, migranti, poveri.

Ne è una prova lampante la politica che il potere locale sta adottando nel quartiere: i giornali sono pieni di notizie che esasperano la percezione di insicurezza e degrado in quartiere, fungendo da apri pista agli interventi di polizia e simili, che perseguitano quotidianamente migranti e senza tetto, cacciandoli fisicamente dal quartiere; il comune oltre a sguinzagliare i propri cani da guardia, polizia municipale e assistenti civici, aumenta gli affitti delle case popolari, sfratta intere famiglie, vende le case pubbliche, regala terreni alle banche perchè costruiscano nuovi mostri di cemento, aumenta le telecamere e fomenta il perbenismo delle associazioni di commercianti contro chi sopravvive alla giornata.

Il futuro stile di vita pubblicizzato dai progettatori del quartiere è un incubo da sit-com americana, dove la vita si svolgerebbe tra loft pieni di inutili cianfrusaglie alla moda e uffici asettici. Nelle strade si vedrebbero solo impiegati con la faccia spenta che trascinano le loro borse tra lavoro, casa e palestra. Tutto sembrerebbe finto, si ride delle disgrazie altrui, perchè si è perso il significato di cos’è la gioia di vivere, ci si veste come damerini per essere alla moda e si mangia merda dai take-away perchè ci si è dimenticato della funzione dei beni di prima necessità. Nessuno si ferma, se non per consultare un attimo il suo tablet. Non ci sono bambini che giocano in piazza o nei cortili delle case popolari. I bar ospiterebbero solo individui chiusi nel loro mondo virtuale, seduti ad un tavolino con il loro pc, oppure riunioni di affari. Si parla molto, ma non si comunica niente.

Un incubo che in ogni caso non ci vedrebbe protagonisti, visto che noi saremo in qualche ghetto ancora più in periferia o a combattere la miseria nei nostri paesi di origine o in carcere.

Un progetto sul quale però non è stata ancora detta l’ultima parola e che offre tutte le possibilità per farlo saltare.

Se è vero che molte infrastrutture sono quasi ultimate, queste dovranno funzionare per valorizzare realmente il quartiere e attrarre così la classe alta, mentre altri progetti devono ancora prendere forma, come il campus al Navile, il People Mover o il Tecnopolo, senza dimenticare tutte le aree “degradate” che potrebbero essere presto strappate al quartiere per essere date in pasto alla riqualificazione. In entrambi i casi è sempre possibile mettere i bastoni tra le ruote e far sì che queste opere, o non funzionino mai o non vengano proprio realizzate.

Il processo di gentrification (cioè la sostituzione dall’alto di una classe povera con un classe ricca in una determinata zona urbana) è ancora agli albori, in quartiere ci abitiamo ancora noi, e ancora non sono stati realizzati importanti insediamenti di borghesi (cosa che potrebbe avvenire se entrerà in pieno regime la Trilogia Navile). In questo caso l’occupazione dei posti vuoti e la resistenza fisica ai tentativi di espulsione, che siano sfratti o sgomberi, è sicuramente il mezzo più efficace che abbiamo per lottare contro questo tentativo di epurare il quartiere.

In ogni caso ciò che ognuno dovrebbe iniziare a fare è lottare in prima persona. Purtroppo in questo quartiere paghiamo lo scotto di un centro-sinistra strapotente, che ha saputo mantenere le posizioni di potere che aveva come PCI ed ha con il tempo educato la popolazione alla delega e alla semplice lamentela democratica.

Bisogna quindi innanzitutto ritrovare quel fervore della lotta, che per quasi un secolo ha animato questo quartiere.

Bisogna ritrovare quel senso di comunità territoriale, di solidaritetà, di unione, che ha portato la gente sulle barricate contro i fascisti e contri i padroni, per tornare a combattere i nuovi nemici.

Perchè non è giusto che il potere continui a decidere delle nostre vite e dei nostri territori come se fossimo pedine sulla scacchiera e non è possibile che questa scacchiera non si riesca mai a farla saltare.

Non è possibile continuare a vivere tra cantieri e fermi di polizia per essere sbattutti fuori a lavori ultimati.

Non è possibile accettare gli aumenti degli affitti, dei trasporti, dei beni di prima necessità, solo perchè i potenti hanno deciso così.

Non è vita subire passivamente le decisioni calate dall’alto, sbattersi per adempire agli ordini che ci vengono imposti e morire avendo fatto unicamente quello che il potere ci dice di fare!

 Occupiamo le strade, i palazzi abbandonati, le piazze, riappropriamoci di quello che ci serve (cibo, vestiti, luce, gas, trasporti, ecc.) senza pagare ancora, combattiamo l’arroganza di polizia e benpensanti, riprendiamo in mano le nostre vite e i nostri territori.

Qualcuno ha già iniziato, ma bisogna farlo tutti, perchè nessuno lo farà al posto nostro e perchè tutti insieme siamo invincibili.

resistereallametropoli@autistici.org