QUANDO SI DICE CHE LA RESISTENZA NON È FINITA

Entrambi gli sgomberi di queste ultime settimane in Bolognina hanno portato a ben 12 fogli di via a discapito degli occupanti che non hanno la residenza a Bologna.
Una pratica, quella del foglio di via, che la Questura di Bologna ha ricacciato in grande stile negli ultimi anni, rispolverandola dalle anticaglie del regime fascista, e riproponendola nelle sue vesti originali.
Da sempre i fogli di via sono stati usati verso persone ritenute socialmente pericolose,
ubriaconi, senzatetto e tossicodipendenti particolarmente molesti, ma negli ultimi anni c’è stato il ritorno dell’uso sistematico del foglio di via per perseguire gli individui riottosi e
politicamente scomodi per allontanarli dalla città, esattamente come era stato ideato dai gerarchi di Mussolini.
Con questo non vogliamo dire che sia giusto allontanare dalla città i soggetti molesti, solo
perchè qualche filosofia securitaria ha deciso che i pericolosi sono gli ubriaconi o i tossici, e non la classe dirigente, gli imprenditori, i banchieri e i loro cani da guardia che girano armati
per le strade.
Quando si dice che la resistenza non è finita, che il fascismo è ancora una minaccia concreta, non ci riferiamo solo alle teste rasate di Forza Nuova o ai fighettini di Casapound. Il fascismo è nato come risposta del potere ai movimenti rivoluzionari che stavano esplodendo, ed è sempre stato questo nel corso della storia. Dal ’45 ha continuato a strisciare nelle Prefetture e nelle Questure, ha lavorato per creare una strategia della tensione negli anni 70 e continua ancora oggi a manifestarsi attraverso la repressione politica che colpisce i movimenti di lotta. Non a caso i fogli di via spuntano ovunque ci siano situazioni realmente conflittuali, come in Val Susa o a Niscemi.
Negli ultimi tre anni a Bologna sono stati dati più di 40 fogli di via contro anarchici e
comunisti, a persone che in alcuni casi si erano appena avvicinati a momenti di conflittualità, e da Bologna la pratica si è diffusa in tutta Italia.
Il foglio di via permette alla Questura di sbarazzarsi in modo molto facile dei propri nemici,
perchè non necessita dell’autorizzazione della Magistratura ed è totalmente a discrezione della polizia, e nel migliore dei casi, costringe comunque il perseguitato a districarsi tra costosi procedimenti burocratici che si protraggono per mesi, per riuscire ad annullarlo.
Intanto le situazioni di lotta vengono distrutte allontanando i compagni in modo
coercitivo e terrorizzando i solidali con la minaccia dell’espulsione dalla città in cui si
vive.
Quando si dice che la resistenza non è finita, vuol dire anche che forme di resistenza devono essere portate ancora avanti. Resistere ad un foglio di via, come qualcuno già fa andando incontro a denunce per violazione pur di restare nella città che ha scelto, è un esempio.
Ma bisogna iniziare a generalizzare questa resistenza, contro le angherie quotidiane della polizia, contro gli sfratti, contro le invasioni dei borghesi, contro il controllo
in cui ci stanno ingabbiando, contro lo sfruttamento del lavoro e contro la miseria che ci vogliono imporre.

Resistere tutti insieme… e organizzarsi per
passare al contrattacco.

dal mondo del possibile

Giovedì 31 ottobre, alle 8 del mattino, gli sbirri si sono presentati in massa allo stabile che avevamo occupato da una settimana in via Saliceto 47 per procedere allo sgombero. Ne è nata una resistenza durata dieci ore che ha tenuto impegnata la polizia sia all’interno dello stabile che per le strade del quartiere: compagni sul tetto, compagni barricati all’interno della palazzina e una vivace presenza solidale in strada che ha effettuato più volte blocchi stradali e azioni di disturbo. In serata si contano 14 denunciati per occupazione e 7 procedimenti per foglio di via inflitti a tutti gli occupanti non  residenti a Bologna, ma nessun fermo.
Lo stabile era stato occupato per risolvere il bisogno abitativo di molti di noi, senza casa o stanchi di pagare affitti esorbitanti alla Bologna bene, ma anche per fare un primo passo pratico nella lotta contro la riqualificazione della Bolognina. Questa zona, infatti, eccita da alcuni anni gli appetiti di affaristi e speculatori che, con la regia dell’amministrazione comunale, mirano a trasformarla da  quartiere popolare nel nuovo centro direzionale della metropoli che viene. A suon di sfratti, mega-infrastrutture, centri commerciali e retate della polizia.
Occupare è stato bello, resistere allo sgombero ancora di più. In strada abbiamo ritrovato la gioia e il piacere che in decine di persone abbiamo provato attraversando il posto nelle sue sei intense giornate di vita. Dalla palazzina abbiamo visto un centinaio di poliziotti che non sapevano che cazzo fare, bloccati per ore da una barricata che proprio non voleva venire giù. Sul tetto abbiamo trovato la consapevolezza che è possibile resistere senza compromessi. Dalla mattina abbiamo detto che ce ne saremmo andati solo sulle nostre gambe e con la nostra roba e così abbiamo fatto, incuranti di minacce e vuote promesse per farci scendere.
Alla fine il posto è stato sgomberato, ma la giornata del 31 è stata per noi molto importante. A Bologna occupare non è una pratica consolidata, men che meno per chi non ha termini di mediazione con le autorità o santi in paradiso. Anni di concertazione hanno creato un giro di convenzioni e accordi con le amministrazioni comunali, concentrando su chi non vuole o non può farne parte tutti gli sforzi di una polizia particolarmente rognosa. In un periodo che sta vedendo il ritorno delle occupazioni a Bologna, la giornata di giovedì costituisce un precedente significativo per chiunque ha intenzione di prendersi una casa,  un posto e difenderlo in maniera diretta e senza delega.
Più che la crisi, è la volontà politica di riqualificare e plastificare i quartieri per inserirvi le classi più danarose e meno pericolose ad accrescere prezzi e affitti, buttando sempre più sfrattati in mezzo alla strada. Risolvere la necessità di una casa non può prescindere da una lotta contro la pianificazione urbanistica calata dall’alto, soprattutto in Bolognina, ed è proprio in quest’ottica che abbiamo occupato un posto appartenente ad una ditta di recupero immobili, tentando di inceppare il meccanismo della speculazione edilizia.
Via di Saliceto 47 quindi è stato solo l’inizio. In questi giorni sono stati in molti a passare dal posto, chi in cerca di un posto dove vivere, chi con la stessa esigenza di opporsi alle dinamiche della riqualificazione del quartiere. L’occupazione e la resistenza allo sgombero hanno dato una prima concretezza a questo percorso di lotta. Con 900 sfratti in programma a Bologna per questo anno, con 8000 case sfitte in città, con molti dei lavori di riqualificazione che devono ancora partire e soprattutto forti dei legami di complicità che si sono creati in questi giorni, chissà quante possibilità si possono aprire.
Che quanti hanno bisogno della casa se la prendano, che quanti vogliono opporsi alla riqualificazione del quartiere si organizzino. Di posti vuoti, di metodi di lotta ce ne sono per tutti.
Noi continueremo ad essere per le strade e nei posti abbandonati di questo quartiere, felici di solidarizzare e di organizzarci con chiunque condivide le nostre esigenze e i nostri desideri.
Il possibile è tutto quello che non abbiamo ancora fatto.

Occupanti e solidali di via Saliceto 47

NUOVA OCCUPAZIONE IN BOLOGNINA

Oggi è stato occupato un stabile in via saliceto 47.
L’abbiamo occupato perché siamo senza una casa e con centinaia di edifici e appartamenti vuoti a Bologna non vogliamo più continuare  a dover dare le nostre magre entrate (ottenute barcamenandoci tra lavori in nero e contratti di una settimana a paghe da fame) a proprietari strozzini a cui i nostri soldi servono per pagarsi il suv, pellicce e settimane bianche mentre per noi ci sono solo camere ammuffite.
L’abbiamo occupato perché in questo quartiere vediamo la “riqualificazione” e la speculazione dei soliti potenti che avanza, che vogliono rendere una zona popolare il nuovo centro amministrativo della città, cacciando poco a poco i suoi abitanti, con retate, sfratti, aumento dei prezzi di ben di ogni tipo, in nome di una sicurezza che è solo quella del portafogli dei ricchi, mentre riteniamo fondamentale opporci alle decisioni prese sulla base di interessi economici sulle nostre vite, su come e dove dovremmo incontrarci, su come dovremmo gestire le nostre amicizie, i nostri sogni, le nostre vite.
Questo stabile è di proprietà di una ditta che ha il compito di ristrutturarlo per rivenderlo a prezzi più alti, non sappiamo con che destinazione, ma non vogliamo l’ennesimo albergo o ufficio per una dirigenza che altro non fa che aumentare il divario tra chi i soldi ce li ha e chi invece ne ha sempre meno.
Abbiamo occupato per poter vivere in un posto fuori dalle logiche e dalle gerarchie della competizione, del lucro, per dare vita ad un luogo di incontro libero, per poterci conoscere ed organizzare contro i meccanismi soffocanti della metropoli che ci vuole muti al posto che hanno riservato per noi.

Siete tutti invitati da subito a vivere o visitare lo spazio.

Vediamoci tutti e tutte Sabato 26 ottobre ore 18 assemblea aperta ed alle ore 20 cena popolare per discutere insieme di quello che vogliamo fare per non delegare ad altri le decisioni che ci riguardano.

Gli/Le Occupanti

RETATE IN QUARTIERE

Negli ultimi mesi è in corso un’operazione congiunta dei carabineiri e della polizia del quartiere Navile, impegnati nella persecuzione di spacciatori medio-piccoli che smerciano droghe per le strade del quartiere.

Dopo le retate di dicembre, solo nei primi dieci giorni di gennaio i blitz sono stati 2, uno su via Bolognese che ha portato a 2 arresti di spacciatori di marijuana e un altro all’ex manifattura tabacchi, posto storicamente lasciato all’abbandono e ritrovo informale di senza tetto e gente di ventura.

Quest’operazione, che va ormai avanti da mesi, ha portato ad un aumento esponenziale di polizia presente nel quartiere, con il relativo aumento di posti di blocco, fermi, controlli ecc., il tutto supportato dalla propaganda dei giornali e del comune che esaltano il lavoro delle forze dell’ordine per rendere sicuro uno dei quartieri, a detta loro, più pericolosi di Bologna.

D’altronde si sa, il quartiere va ripulito, reso agibile per i futuri fruitori della stazione Alta Velocità e della Trilogia Navile, gente di classe che merita di vivere in un quartiere tranquillo.

Eppure noi sicuri non ci sentiamo affatto, anzi.

Tutto questo teatrino militare ci suona proprio come una minaccia, minaccia indirizzata verso tutta la popolazione mene abbiente in primis, e, in un’ultima analisi, contro tutte le persone del quartiere.

Con il peggioramento delle condizioni di vita stanno aumentantando i taccheggi per fame nei supermercati e le occupazioni di spazi abitativi, molti sfuggono da paesi in miseria e si rifugiano irregolarmente negli ultimi stati dove c’è rimasta una parvenza di benessere, insomma si fanno sempre più necessari espedienti che fuoriescono dal legale per potersi garantire la sussistenza.

Una risposta dello Stato che si concretizza in questo dispiegamento di forze in uno dei quartieri più popolari di Bologna, non può che essere letto come un atto di guerra contro la popolazione.

E l’attacco colpisce anche chi ingenuamente pensa di elevarsi dalla plebaglia pezzente, solo perchè ha un lavoro che gli consente di campare onestamente.

Se da un lato costituisce già di per se una sconfitta per tutti noi farsi la guerra tra sfruttati, aizzati come cani da giornali come il Resto del Carlino o Repubblica, perchè uno ha rubato un pezzo di pane, piuttosto di coalizzarci contro i veri responsabili di questo sciacallaggio sociale, il punto fondamentale su cui fa leva la minaccia della sicurezza, sta proprio in come, attraverso la persecuzione di furtarelli e spacciatori, si realizza il ricatto del lavoro.

Con le condizioni lavorative in continuo peggioramento, la precarietà sempre più totale del posto di lavoro e la disoccupazione che galoppa, lo spauracchio della miseria costringe migliaia di persone ad ingoiare ingiustizie sempre maggiori per tenersi ben stretto il luogo di lavoro. La minaccia si concretizza proprio nella persecuzione dei ladri di galline.

Il discorso si fa più crudele per chi non ha un permesso di soggiorno. Per loro oltre il carcere, si aprono le porte del CIE, quando non vanno più bene al padrone che li sfrutta in nero o al palazzinaro che li stipa in alloggi fatiscenti per centinaia di euro.

Non a caso gli immigrati sono continuamente fermati per strada dalla polizia, anche a piedi, anche solo per controllare i documenti.

In poche parole queste operazioni di polizia lanciano un messaggio ben chiaro a tutta la popolazione: o ti pieghi allo sfruttamento sempre più selvaggio del lavoro o finisci in galera! O accetti le vessazioni del padrone, i turni più lunghi, gli stipendi decurtati, straordinari gratuiti, soppressioni dei diritti conquistati in 50 anni di lotta sindacale o finisci in galera!

Minaccia accompagnata sempre più spesso dalla messa in pratica di repressione di piazza e dagli arresti di dissidenti o di semplici operai incazzati, che scelgono di scendere in strada a gridare la propria rabbia.

Se non ti lasci sfruttare finirai in galera! Se ti ribelli, ovviamente, finirai in galera.

Praticamente l’unica sicurezza che ci spetta a lasciare le forze dell’ordine libere di girare in quartiere è che le nostre vite andranno incontro ad un futuro sempre più in miseria!

 

Aspettando che un giorno il quartiere abbia la forza collettiva di cacciarli fuori, insieme ai potenti che proteggono, un buon inizio potrebbe essere evitare di chiamarli.

I NAZI IN BOLOGNINA? NON CI DEVONO NEMMENO PROVARE!!!

I neonazisti di Forza Nuova hanno indetto per stasera alle 20 un presidio/corteo in piazza dell’Unità, contro “immigrati e spacciatori”.

La Bolognina, oltre ad essere uno dei quartieri più multietnici di Bologna, è stato anche il quartiere simbolo della resistenza partigiana di questa città.

Queste strade e questi palazzi hanno subito direttamente gli orrori dei rastrellamenti nazisti durante il periodo di occupazione tedesca ed oggi sta subendo un’ondata di xenofobia e delirio sicuritario atto a creare un clima diffamatorio di “quartiere pericoloso”, propedeutico per un aumento del controllo e della repressione poliziesca.

Non bastassero le infamie del resto del carlino, del Pdl, e di quei quattro commercianti forcaioli, ora dovremmo subirci anche la presenza dei nazisti nel quartiere?

Non ci bastano gli appelli all’antifascismo legalitario proclamati dai partiti di centro-sinistra, figuriamoci se possiamo accontentarci del divieto ai fascisti di presidiare in Piazza Dell’Unità proveniente dalla Questura, con l’implicito accordo a fare il loro presidio da un’altra parte.

I fasci non devono avere nessuno spazio per dar voce ai loro ideali razzisti e autoritari.

La storia, soprattutto la storia di questo quartiere, ci insegna che i fascisti vanno cacciati con l’azione diretta e popolare.

PRESIDIO h.18 PIAZZA DELL’UNITÀ

FUORI GLI SPECULATORI, GLI XENOFOBI E I FASCISTI DA QUESTO QUARTIERE E DA QUALSIASI ALTRA STRADA DI QUESTA CITTÀ!

FACCIAMOLI TORNARE AL LORO POSTO: NELLE FOGNE!

Antifascisti e antifasciste della Bolognina

RIQUALIFICAZIONE DELLA BOLOGNINA

Alla fine di agosto è apparso su repubblica.it un articolo che metteva in guardia il
lettore dallo giudicare ciò che sta avvenendo in Bolognina come un fenomeno di
speculazione (ne finanziaria, ne edilizia), a confermare il fatto che quando si legge
qualcosa su questi giornali, bisogna sempre interpretare al contrario.
Se non è speculazione questa!? Certo tutto legale, o quasi, ma la legge è fatta
apposta per metterci spalle contro al muro se ci si vuole appellare solo ad essa:
l’estate scorsa, l’allora governo Monti, approvava una serie di leggi sui
finanziamenti pubblici che di fatto legalizzavano, anzi incentivavano la truffa edilizia.
Le leggi sulle finanze di progetto, pensate soprattutto per le grandi opere,
consentono alle aziende costruttrici di presentare loro i progetti, prendersi i
finanziamenti per costruirli e continuare a prendere finanziamenti a vita per la
manutenzione. Dell’utilità dell’opera e dei rischi, ambientali e infrastrutturali,
ovviamente l’azienda se ne preoccupa ben poco, anzi più danni subisce la struttura,
maggiori saranno gli interventi di manutenzione, maggiori gli introiti. A questa si
aggiungono leggi che garantiscono il finanziamento dei lavori in caso di ritardo, fino
alla conclusione dell’opera, istigando le aziende a ritardare per guadagnare più a
lungo, come ha fatto l’Astaldi che ha costruito la stazione via Carracci.
Bologna poi non è affatto nuova a progetti per l’appunto inutili, sui quali
puntualmente spuntano inchieste di pm troppo zelanti (Civis, Peolple Mover, ecc.) e
la stessa Trilogia Navile, perno centrale dell’articolo citato sopra, esempio di un
urbanistica sociale e ragionata, è forse invece l’esempio più azzeccato della
speculazione edilizia e finanziaria a Bologna.
Speculazione edilizia: Bologna è piena di case sfitte, anche di gente senza casa,
ma gli appartamenti della Trilogia non sono case popolari, costano, anche tanto,
anche quelle sovvenzionate dal comune, e molto probabilmente non ci abiteranno
in molti. Ma se anche fosse che venissero occupati tutti e 1000 i nuovi
appartamenti, ce ne rimarrebbero 1000 sparsi per Bologna sfitti e inutilizzati, che si
andranno ad aggiungere ai 10.000 già esistenti. La Trilogia è inutile, sono case per
chi ha già casa!
Speculazione finanziaria: i terreni di costruzione appartengono per il 40% alla
Carisbo (gruppo Intesa San Paolo), e il resto li ha ricevuti in regalo dal comune.
Nel 2012 il governo finanzia 10
milioni di euro per l’area del Mercato
Navile. Indovinate chi era ministro
delle Infrastrutture e dei Trasporti?
Corrado Passera, A.D. di Intesa San Paolo
prima di diventare ministro. Indovinate chi
finanzia il governo per i finanziamenti?
Intesa San Paolo, che intasca un bel
gruzzolo di denaro pubblico dagli interessi.
Indovinate chi ha avuto l’idea di
costruire un mega centro residenziale eamministrativo nella zona del ex-Mercato ortofrutticolo? Il Laboratorio di Urbanistica
Partecipata?
Come si può vedere la speculazione non è fatta solo di bustarelle, anche se quelle
comunque non mancano, come i 40 milioni di € girati sottobanco tra la CCC e la
giunta Guazzaloca, quando è stata costruita la nuova sede del comune in piazza
Liber Paradisus.
I giornali tutto questo lo chiamano “riqualificazione”, noi preferiamo chiamarla per
quella che è davvero, “speculazione”, ma alla fin dei conti il nome conta poco,
l’importante è riconoscere in questi meccanismi le dinamiche fondamentali di
esclusione sociale, che permettono a banche, governi e grande aziende, di tenerci
in queste condizioni di quasi miseria, mentre loro si ingozzano e sprecano
l’impossibile.
L’urbanistica è un arma essenziale del dominio, lo sapeva bene Napoleone III
che fece sventrare il centro di Parigi per demolire i vicoli dove sorsero le
barricate del 1848, lo sa bene anche la NATO che ha stilato un rapporto su
come adattare le città in modo da poter consentire il più agevole lavoro
dell’esercito, chiamato a sedare le rivolte che nei prossimi anni scoppieranno
sempre più vicine!
Che dietro la riqualificazione della Bolognina ci sia anche questo non è un
mistero, basta vedere l’aumento di polizia e militari nel quartiere, e le
campagne terroristiche portate avanti dai giornali sul degrado e la sicurezza!
Per quanto possano gettare cemento da una parte e fango dall’altra, alla fine
lo spettacolo che va in scena sul teatrino è sempre lo stesso e non c’è più
nemmeno molto da stupirsi. Il potere anche con la maschera della
democrazia, fa sempre e solo gli interessi dei potenti. Forse in una cosa
aveva ragione l’articolo di repubblica: “bisogna avere il coraggio di iniziare a
demolire”… partendo proprio da quello che stanno costruendo!

Questo quartiere non è un cantiere pt.2

La prima fase della riqualificazione della Bolognina è ormai giunta al termine. I grandi pilastri dai quali partire per trasformare il quartiere, Stazione Alta Velocità, Piazza Liber Paradisus e Trilogia Navile, sono quasi tutti ultimati.
Già da questa estate ha preso il via una seconda fase, quella che andrà a colpire più direttamente gli abitanti del quartiere.
Se finora i lavori hanno cinto dall’esterno il quartiere, costruendo una catena di mostri edilizi che sarà completata dalla costruzione del Campus di Biotecnologie e dal Tecnopolo alla ex-manifattura tabacchi, ora i cantieri invaderanno definitivamente la parte vissuta della Bolognina.
Per adattare il quartiere alla sua nuova funzione di centro amministrativo e finanziario della città, sarà necessario trasformarlo in modo da attrarre manager, banchieri e classe dirigente.
Ciò vuol dire interventi sulla viabilità, ristrutturare ed ammodernare le abitazioni e , soprattutto, stravolgere e aumentare l’attrattività economica del quartiere, con la costruzione di centri commerciali, nuovi servizi e nuove infrastrutture.
Ciò vuole dire che ci aspetta un immediato futuro da vivere in trappola tra le recinzioni dei cantieri, il rumore dei camion e l’inquinamento che ne consegue. Emblematica la costruzione della rotonda in via Fioravanti, che senza alcuna remora ha bloccato uno degli incroci fondamentali del quartiere, unicamente per permettere un accesso comodo e facilitato al nuovo quartiere della Trilogia Navile.
Qualcuno potrà pensare di subire volentieri i disagi creati dai lavori, l’aumento delle polveri sottili nell’aria, il rischio di crollo per i palazzi nei pressi dei cantieri, se il risultato sarà quello di vivere in un quartiere confortevole e moderno, dove la tecnologia e l’organizzazione dei servizi risolve ogni problema, ma a noi sembra ovvio che i progetti in costruzione non sono per noi.
Con gli affitti che aumentano e appartamenti ultra-tecnologici in costruzione, con le attività commerciali che si trasformano in servizi di lusso, le botteghe in negozi di marca, i bar di quartiere in lounge bar, le osterie in bistrot, ecc., per chi da sempre abita in questo quartiere, per gli operai, i migranti, i pensionati e gli studenti di basso rango, non resta che la porta di uscita, verso periferie anguste e ancora più lontane dal centro.
La prima fase di questo processo di riqualificazione purtroppo non ha brillato in quanto opposizione ai progetti di cementificazione e riqualificazione, complice un’ancora ingenua fiducia nelle istituzioni che ha concesso all’amministrazione di aggirarci con i laboratori di urbanistica partecipata: le modifiche di facciata sono state pur accettate, ma quei mostri sono tutti attorno al quartiere, e ben presto rovesceranno tutte le loro nocività verso l’interno.
Con i lavori che ci arriveranno sotto il balcone di casa urge quindi una risposta concreta, dal basso e senza appoggi con l’istituzione, che storicamente sta sempre dalla parte del più ricco.
Non facciamoci imprigionare in un enorme cantiere per essere sbattuti fuori a lavori ultimati.
Se ci tolgono anche la casa e il territorio ci hanno tolto tutto.
Riprendiamoci gli spazi collettivi, le case, le strade e impariamo a gestirli e ad organizzarli partendo da noi stessi, in maniere diretta e orizzontale.

gentrification2
DOMENICA 8 SETTEMBRE dalle 17
IN PIAZZA DELL’UNITÀ
GIORNATA DI CONTRO-INFORMAZIONE
(con banchetti, mostre, proiezioni e documenti)
Per info: resistereallametropoli@autistici.org

DIBATTITO SULLA RIQUALIFICAZIONE DELLA bOLOGNINA

giu_le_mani44-page-001Bologna sta subendo dei processi di metropolizzazione che presto la
trasformeranno in un enorme scalo di merci e persone. Se da una parte
questi progetti rispondono ad esigenze economiche che trovano nella
speculazione e nella devastazione dei territori la via facile per grossi
guadagni, dall’altra andranno a plasmare l’assetto urbano per renderlo
quanto più funzionale al controllo e ad osteggiare ogni forma di dissenso.
Uno dei quartieri maggiormente interessati dagli effetti della
metropolizzazione è il Navile, abitato principalmente dalle fasce sociali meno
abbienti e ad alta densità di migranti, il quale è destinato a diventare il nuovo
centro amministrativo-finanziario della città.

Riteniamo necessario affrontare la questione, non solo in quanto
abitanti della Bolognina, per  Iniziare a cercare le idee migliori
per fermare questi processi di riqualificazione, per sottrarre le
nostre strade dalle grinfie di cementisti, palazzinari, banchieri
e di chi li protegge.

SOLIDARIETÀ CON I NO TAV SOTTO PROCESSO

La terza udienza del processo a carico di 52 NOTAV si svolge oggi 14 febbraio 2013 a Torino: 52 imputati accusati di lesioni, danneggiamento, resistenza, violenza privata, tutto aggravato e in concorso, relativamente alle giornate del 27 giugno e del 3 luglio 2011. La settimana scorsa altri due NOTAV, Emanuele e Christian, sono stati arrestati con l’accusa di resistenza e danneggiamento aggravato in concorso, per essersi introdotti nell’area militarizzata del cantiere Ltf, dichiarata abusiva ed illegittima dal Comune di Chiomonte, dopo aver verificato che non esistono documentazioni riguardanti quella zona occupata dai militari e dal cantiere, dopo lo sgombero dei manifestanti nel giugno 2011 della “Repubblica della Maddalena”.
La criminalizzazione dei movimenti di protesta, da quello Notav agli altri in difesa dei territori, è uno degli strumenti utilizzati dai potenti, attraverso i tribunali, la polizia, e i mass media, per delegittimare le lotte che vengono portate avanti, per confondere le acque e per nascondere chi è che veramente “devasta e saccheggia” i territori: rispediamo le accuse al mittente, fieri della nostra Resistenza.
In questi anni le nostre terre vengono devastate da non pochi megaprogetti, funzionali al sistema economico che a livello europeo deve continuare a riprodursi, usando speculazione e finanziamenti statali ad imprese private: i gasdotti che partono da Puglia, SicilIa e Sardegna e attraversano quasi tutta l’Italia, i rigassificatori nell’Adriatico, le trivelle in Campania, in Sicilia e altre regioni, l’Expo che si terrà a Milano e sta martoriando quel poco che ancora si poteva salvare dal cemento in città, il terzo Valico a Genova, l’autostrada della Variante di Valico in Toscana ed Emilia Romagna, il Muos (sistema di antenne radar militari) in provincia di Catania, sono solo alcuni degli esempi delle
grandi opere che stanno portando avanti a scapito di natura e popolazioni.
In particolare a Bologna vediamo come la nostra città sia diventata un cantiere a produzione costante di inquinamento: con il termovalorizzatore a Granarolo, la riqualificazione del quartiere Bolognina-Navile, con innumerevoli opere che si dipanano intorno alla costruzione della linea TAV in stazione, la creazione di nuovi campus universitari, l’ampliamento della zona del CAAB e, purtroppo, la lista potrebbe continuare.
Come in Val di Susa, in molti altri luoghi la resistenza popolare continua, come stiamo vedendo a Niscemi contro il Muos recentemente, come abbiamo visto le mobilitazioni contro il terzo Valico a Genova, contro il Ponte sullo stretto di Messina, contro i Radar in Sardegna, contro i gasdotti nel sud Italia; le manifestazioni, i presidi permanenti, le giornate di sensibilizzazione, gli assalti ai cantieri, i blocchi dei camion con materiali e lavoratori per i lavori, il riprendersi i propri luoghi, il reiventarsi un modo di vivere diverso da quello imposto, fatto solo di soldi e potere, per creare dei rapporti di complicità ed amicizia non mediati da interessi, ricatti lavorativi, autorità.
In questa città non possiamo continuare ad assistere impotenti alla devastazione dei nostri quartiere, delle nostre terre, e delle relazioni che abbiamo e possiamo costruire; non possiamo lasciare che ci tolgano le piazze e i parchi, che militarizzino le strade ( non ci stiamo accorgendo di come ogni mese aumentino gli sbirri in giro, le retate, gli arresti, le denunce, la criminalizzazione dei migranti per un pezzo di carta…?) , che la nostra persona venga giudicata e valutata in base a quanti soldi ci facciamo rubare pagando a prezzi altissimi il pane, i trasporti, gli affitti.
Riprendiamoci la nostra vita, il nostro quartiere, le nostre terre; non è vero che “tanto succederà lo stesso qualsiasi cosa facciamo”, ce lo dimostra la resistenza in Val di Susa e tutte le resistenze dei movimenti in Italia e nel mondo.

FERMARE OVUNQUE IL TAV

La devastazione del Tav si concretizza a Bologna nella costruzione della nuova Stazione di via Carracci. Il cantiere ha già causato negli anni lo sfollamento di diverse famiglie residenti in via Carracci, la chiusura di una scuola per inagibilità infrastrutturale, grossi crateri nelle aree del cantiere che testimoniano l’elevata fragilità della zona, e un incremento spropositato di polvere sottili nell’aria.
L’impatto sul territorio, però, va ben oltre i danni causati dal cantiere ai palazzi e alle strade della zona limitrofa, ma investe su tutti i piani della quotidianità l’intero quartiere alle sue spalle: la Bolognina.
La stazione è infatti il perno centrale del progetto di riqualificazione del quartiere, finalizzato a trasformare lo storico quartiere partigiano nel centro amministrativo della città, dove sorgeranno i fortini di quei burocrati e uomini di finanza che ogni giorno mettono sotto i piedi la libertà per la quale sono morti gli antifascisti della resistenza.
Il quartiere è già invaso da cantieri in ogni dove, che ci stanno privando di spazi importanti e spesso dell’agibilità di spostarsi liberamente nelle nostre strade.
Ma i danni maggiori che subirà il quartiere sono rappresentati dagli interessi sociali ed economici che stanno dietro questo progetto di riqualificazione.
L’alta velocità si sta confermando a livello nazionale, uno dei settori principali su cui investire, anche a costo di schiacciare sotto una marea di manganelli e lacrimogeni intere comunità.
Il blocco di potere che devasta in Val Susa è lo stesso che regna a Bologna: PD e Intesa San Paolo (a Bologna sotto le vesti di Carisbo). Anche le imprese che si dividono gli appalti ritornano continuamente: Impregilo, CMC, Astolm,CCC. Tutte spesso presenti sul territorio bolognese, e strettamente collegate con il PD (Bersani ad esempio era il
presidente della CMC)!
Un blocco economico ben definito che ha trovato nel sistema dei finanziamenti pubblici delle grandi opere il modo perfetto per arricchirsi!
L’affare va infatti ben oltre la sola TAV. Basti notare appunto a Bologna gli spiragli che la stazione apre ai grandi affari economici: dalla speculazione edilizia a favore delle solite cooperative del cemento, come quelle citate prime, alla possibilità di richiamare capitali
economici e forza lavoro in una città che gode di una posizione centrale nel sistema ferroviario italiano ed europeo, all’oppotunità di essere la seconda vetrina per ordine di importanza sul palcoscenico mondiale dell’Expo 2015.
Un sistema perfetto di accumulazione di denaro, che, come sta avvenendo in Val Susa e in molte zone di Italia, necessita di territori e popolazioni da sacrificare.
A Bologna il sacrificio toccherà scontarlo alla popolazione della Bolognina, che verrà progressivamente cacciata dal proprio quartiere, per far spazio a colletti bianchi e suv luccicanti.
L’epurazione dei poveri è già in atto: la polizia ha iniziato una pesante campagna di persecuzione degli immigrati che frequentemente porta ad arresti per spaccio o irregolarità dei documenti, le case popolari sono in vendita, gli affitti dei palazzi ristrutturati sono triplicati e gli esercizi commerciali cominciano pesantemente ad imborghesirsi.
In questo periodo di campagna elettorale, mentre tutti i politici imboccano le speranze della gente con false promesse, emerge ancora più forte il valore che trasmettono le lotte popolari come quella valsusina. Intanto perchè la questione della TAV ha dimostrato la totale parzialità delle istituzioni, che fanno solo e unicamente gli interessi di chi ha i soldi.
Inoltre, per chiunque ne abbia avuto esperienza, la resistenza No Tav è la prova tangibile di un modo differente di organizzarsi tra individui, che non si riduce ad una passiva accettazione delle decisioni imposte dall’alto, e va oltre l’inutile starnazzo di lamentele in piazza.
Nessuna istituzione o partito decide per gli altri, nessun organo agisce per gli altri e li costringe all’immobilismo.
Nella lotta si impara a ragionare insieme sul da farsi, a prendere decisioni e responsabilità collettive, a passare all’azione e mettersi in gioco in prima persona, anche se la situazione richiede di travalicare i limiti del legalmente consentito. Si impara a guardarsi in faccia e a riconoscere i compagni, i fratelli, a condividere gioie e dolori, a farsi forza a vicenda. Esperienze quasi del tutto sparite dalle strade di questa città.
E così come in Val Susa, ovunque queste forme di lotta stanno dimostrando la loro efficacia nel combattere la devastazione sia ambientale che sociale di questa era.
Riteniamo per questo necessario che anche qui in quartiere si sviluppi una lotta concreta e popolare, che partendo dal contrastare le devastazioni del TAV, punti ad abbattere tutto l’apparato amministrativo e finanziario che ci sta costringendo, giorno dopo giorno, alla miseria .

NO TAV NE’ A BOLOGNA NE’ OVUNQUE
COMPLICITÀ CON TUTTI GLI IMPUTATI
FUOCO ALLE RUSPE DEL POTERE
SPAZIO ALLE PIETRE DELLA RIVOLTA