L’acerChiata

Il 14 giugno abbiamo sottratto all’Acer, l’ente che si occupa delle case popolari,un locale in via Zampieri 14/A. Ne vogliamo fare uno spazio aperto a tutto il quartiere, un circoletto dove fare iniziative, cene, proiezioni,

dibattitti, allestire una biblioteca, scambiarsi due chiacchiere.

Ne vogliamo fare soprattutto un laboratorio di lotta, uno spazio dove organizzarsi per risolvere i problemi delle nostre vite in quartiere,

a partire dai bisogni principali, come la casa, il cibo e la libertà.

La Bolognina è in questi ultimi tempi al centro di progetti di riqualificazione urbana, che da una parte creano il terreno fertile per le speculazioni edilizie di imprenditori sanguisughe e dall’altra attivano un processo di gentrification, che punta a cacciare la popolazione attuale fuori dal quartiere e sostituirla con i ricchi.

Per molti di noi questi progetti si trasformano in sfratti, sgomberi, impossibilità di viversi i propri spazi e le proprie strade trasformate in perenni cantieri,

retate della polizia e aumento del controllo sociale.

Vogliamo contrastare la riqualificazione della Bolognina partendo da uno dei principali responsabili, l’Acer, perchè è quella che aumenta gli affitti degli appartamenti popolari, che sfratta la gente, che decide chi può e chi non può abitare in quartiere, che alimenta il circolo della speculazione edilizia con le decine di progetti di ristrutturazione mai ultimati

o palazzi consegnati al lusso e all’Alta Velocità.

Vogliamo partire dalla riqualificazione del quartiere, perchè è il frutto di una società che si basa sull’autorità e sul controllo, dove banche e politici impogono dall’alto come e dove vivere alla maggior parte della popolazione, mentre polizia e giudici reprimono violentemente con botte e arresti

chi decide di non sottostare a questa miseria imposta.

Dedichiamo quindi questa occupazione ai 17 compagni arrestati a Torino

lo scorso 3 giugno, perchè accusati di aver lottato contro gli sfratti,

contro il PD e contro le retate della polizia.

Per questo invitiamo chiunque a contribuire nei prossimi giorni all’allestimento del posto, magari portando mobili, tavoli, libri, che non vengono più usati e che possono trovare una nuova vita attraverso la condivisione; a partecipare alle iniziative e all’assemblee che organizzeremo nei prossimi giorni; ad organizzarsi, in maniera collettiva o singolarmente, per resistere alla metropoli che avanza o semplicemente a fare un salto e 4 chiacchiere al nuovo circoletto occupato.

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RESTO DEL CARLINO:INFAMI DI PROFESSIONE

Sul Resto del Carlino di qualche giorno fa (3 aprile), come ogni giorno, le menzogne la fanno da padrona.

Si legge di un appartamento occupato in via Tibaldi dagli anarchici in risposta allo sgombero di via Paglietta, appartamento dell’Acer che guarda caso, proprio oggi, doveva essere assegnato ad una donna.

Ovviamente lo spazio ai commenti è riservato a politici, istituzioni, sbirri e benpensanti.

Come occupanti dell’appartamento volevamo mettere un po’ di cose in chiaro.

L’appartamento è occupato da ormai 2 settimane ed è stato preso per avere una casa in cui abitare, dopo che alcuni di noi erano stati cacciati via da un altro appartamento in via de Carracci, vuoto da 7 anni ed ora murato e lasciato definitivamente all’abbandono.

L’Acer in questi giorni non si è fatta minimamente vedere, come dovrebbe far di solito per registrare l’occupazione e far partire le procedure burocratiche, procedure che a quanto pare, come si è visto pure in via de Carracci, Acer decide di seguire o non seguire in base a come gli gira.

Una classica occupazione abitativa quindi, come tante altro in giro per Bologna, nate dalla necessità di avere un tetto sulla testa e dalla possibilità data dalle migliaia di appartamenti lasciati vuoti a Bologna.

Il Resto del Carlino evidentemente ha più interesse a fomentare l’odio contro gli anarchici, usando termini da terrorismo psicologico, come raid, blitz, e inventando di sana pianta la grossa balla che l’appartamento è stato sottratto ingiustamente ad una donna che l’aveva avuto in assegnazione.

Goffo tentativo di mettere in contrapposizione occupanti e assegnatari: tutti sanno che le assegnazioni Acer le farà tra maggio e giugno e visto che, questo ve lo diciamo noi, l’appartamento necessita palesemente di interventi di restauro, non era assolutamente pronto ad essere assegnato!

Con questo non vogliamo denunciare un tentativo di mal-giornalismo di un singolo giornalista imbecille e poco professionale.

I giornalisti del Resto del Carlino, come quelli di tanti altri giornalacci della stessa risma, il loro lavoro lo fanno benissimo. Mistificare la realtà delle cose per legittimare agli occhi dell’opinione pubblica gli abusi del potere e nascondere le reali problematiche di questa società, è quello che questi giornali fanno da sempre.

Un po’ di esempi: il fascista che ha accoltellato 2 settimane fa due ragazzi a Rimini, sul resto del carlino viene dipinto come una vittima che ha agito per legittima difesa contro un’orda di barbari comunisti, non è andata così; la Bolognina viene descritta come il quartiere più pericoloso e degradato di Bologna, dove inermi commercianti subiscono ogni giorno le angherie di delinquenti e vandali, non è assolutamente così; addirittura, già durante il fascismo, il Resto del Carlino raccontava che a Marzabotto non era successo niente il giorno della strage e che i partigiani altro non erano che terroristi.

Ad un giornale del genere ovviamente non abbiamo nulla da chiedere, la nostra è semplicemente una prima risposta all’ennesimo attacco, che il Resto del Carlino porta avanti contro le situazioni di lotta, per ricevere i biscottini da comune e questura.

Nonostante la minaccia dell’ennesimo sgombero, nonostante le calunnie e il tentativo di metterci in cattiva luce, non ci faremo certo intimidire e continueremo a vivere il nostro quartiere, organizzandoci con chi incontreremo per strada per affrontare le problematiche reali, dalla casa, alla pulizia sociale del quartiere, dalle grandi opere di devastazione urbana volute dal comune, alla arroganza di sbirri e fascisti di ogni sorta.

Cosa che evidentemente non va per niente a genio a chi, come il resto del carlino, il comune, la questura, il PD, ecc., racconta balle dalla mattina alla sera.

Chiudiamo cogliendo l’occasione per esprimere la nostra solidarietà e vicinanza ai compagni sgomberati il 2 aprile in mezza Italia, al Paglietta di Bologna, alla Pizzeria e alla Base di Milano, alle occupazioni abitative di Torino e Livorno, e ai 4 compagni che a Milano sono stati arrestati per resistenza.

Sgombero su sgombero prima o poi la rabbia vi si ritorcerà contro.

Occupanti di via Tibaldi 50

resistereallametropoli.noblogs.org

NON SARÀ UNO SGOMBERO A CACCIARCI DAL QUARTIERE

CRONACA

La mattina del 20 marzo la polizia sgombera con una cinquantina di agenti due appartamenti dell’ACER (azienda regionale che gestisce le case popolari) in via de’ Carracci 63, nel quartiere della Bolognina, occupati un mese e mezzo fa da alcuni compagni.

Immediatamente all’esterno si forma un presidio di solidali, mentre in un’altra parte del quartiere dal nulla spunta una barricata di cassonetti dati alle fiamme che blocca via Barbieri.

L’intero edificio di 24 appartamenti, risulta averne ben 13 vuoti da anni, mentre tutto il palazzo presenta danni strutturali causati dai lavori del cantiere per la Stazione AV, che si trova dall’altra parte della strada.

A sgombero ultimato l’ACER ha murato i due appartamenti, dopo che aveva già murato gli altri 11 in seguito alle due occupazioni, e ha sequestrato gli arredamenti con i quali gli occupanti avevano riempito le case vuote.

Al momento dello sgombero 9 sono stati denunciati per occupazione e per 5 di loro è scattato l’avvio di procedimento per il foglio di via da Bologna, dopo i 12 già inflitti in seguito ai due sgomberi dello scorso autunno avvenuti sempre nello stesso quartiere.

Il presidio che si era radunato di fronte alla palazzina sgomberata si è trasformato poi in un corteo che ha bloccato le strade della Bolognina, denunciando le responsabilità di Comune e Questura in tutti i casi di sfratti ed espulsioni in quartiere, legati al mega progetto di riqualificazione urbana che sta investendo la zona.

Il corteo è stato inseguito per tutta la mattinata da due plotoni di celere e una decina di digossini particolarmente incarogniti, che alla fine sono riusciti a fermare una compagna, poi portata in questura perché senza documenti, e a blindare il corteo in via di Corticella, rendendosi ridicoli di fronte a decine di passanti che ascoltavano interessati gli interventi fatti al megafono.

Il giorno dopo, sempre in risposta allo sgombero, qualcuno ha fatto visita agli uffici dell’ACER, con volantini e striscione, imbrattando la facciata del palazzo con scritte e uova di vernice.

CONDISERAZIONI

Questo sgombero offre lo spunto per fare alcune riflessioni su cosa sta succedendo in quartiere.

La palazzina di via de’ Carracci è uno dei tanti esempi con cui si stanno manifestando le dinamiche di una gentrification totalitaria, che mira a trasformare lo storico quartiere popolare di Bologna nel nuovo centro amministrativo della metropoli del futuro.

L’ACER, che gestisce l’immobile, e la Banca Popolare di Milano, che ne è proprietaria, stanno evidentemente aspettando che il palazzo si svuoti per poterci fare una bella speculazione edilizia. Ne sono prova il fatto che ACER da più di 7 anni non assegna appartamenti in quel palazzo, che ha murato tutti gli appartamenti vuoti in maniera definitiva e che da anni non compie lavori di ristrutturazione, nonostante i danni del TAV e le lamentele dei residenti.

Non sappiamo bene cosa ci vogliano fare, ma molti vicini parlano di un albergo per i viaggiatori del Frecciarossa, cosa più che plausibile vista l’immediata vicinanza della stazione e visto che tutti gli interventi infrastrutturali che stanno avvenendo in quartiere, dalla Trilogia Navile al People Mover, sono indirizzati a rendere la Bolognina un centro direzionale al servizio degli utenti del supertreno.

L’ACER tra l’altro negli ultimi anni si sta lasciando alle spalle una scia di devastazione del tessuto urbano, svolgendo un ruolo principale nella trasformazione della Boognina: case demolite anni fa che non sono state più ricostruite, cantieri aperti e mai finiti, case svuotate con la forza e lasciate vuote dopo il restauro, ecc.

Per di più è difficile immaginare che l’azienda sopporti che la pratica dell’occupazione possa diffondersi e portare nei cortili delle case popolari nuove pratiche e determinazione, dove ora regnano appartamenti murati, affitti in aumento e l’incubo dello sfratto; soprattutto se chi occupa cerca di creare legami di complicità e di lotta con i vicini, chiacchierando delle problematiche del quartiere e organizzandosi per risolverle in maniera diretta.

Altro problema è quello della repressione. In Bolognina la polizia è particolarmente pressante, ogni giorno si sente di retate nei bar, gente portata via per la più assurda motivazione, provocazioni e fermi violenti. Giornalisti e politici quotidianamente infamano il quartiere, parlando di una zona degradata, lasciata in mano a vandali e spacciatori, aprendo la strada ai rastrellamenti militari e alle ronde civiche di benpensanti e forcaioli. La volontà di ripulire il quartiere si manifesta forse più in questa opera di epurazione militare, che in tutto i progetti di innovazione urbana.

A vedere quante forze a messo in campo la questura in questo sgombero, ci sembra di scorgere una minaccia più ampia, che non riguarda solo le occupazioni abitative (che in quartiere sono tante e variegate, anche se non se ne sa molto, perché autorganizzate e in forma anonima), ma tutti coloro che vivono la Bolognina: l’ennesima avvisaglia che è in corso uno sgombero allargato della popolazione dal quartiere.

CONTINUIAMO

Ciò che di buono è stato costruito in questi mesi, non solo attraverso le occupazioni, sono i legami e i contatti che abbiamo stretto nelle strade: le polveri sottili e le crepe nei palazzi causati dai lavori del TAV hanno lasciato nella memoria dei residenti un rancore che, fallita la via giuridica dei risarcimenti, sembra riaffiorare in maniera più determinata; la pratica dell’occupazione è ormai sdoganata in tutto il quartiere e continua a creare nuovi legami di complicità, laddove trovano posto la paura e la solitudine; l’odio per le ronde e per la polizia ha fatto incontrare e organizzare nuove persone.

Con centinaia di case vuote in quartiere, con centinaia di lavori che devono partire e che rischiano di compromettere la vivibilità delle nostre strade, e con la minaccia costante di essere sbattuti fuori dalla città, non ci si può certo fermare davanti ad uno sgombero.

Quello che è successo in via de Carracci 63 è uno dei tanti esempi che si verificheranno nell’intero quartiere.

Saperlo ci da modo di organizzarci in tempo perché questa riqualificazione non avvenga mai.

Come fare nessuno può saperlo con precisione.

Qualcuno ci sta provando occupando gli spazi e cercando di strapparli alla speculazione, denunciando gli interessi economici e sociali di banche e partiti, organizzandosi contro l’arroganza di borghesi e polizia, smettendo di combattere la guerra tra poveri che ci impongono attraverso lo spauracchio della crisi e iniziando a combattere la guerra contro i potenti.

Non sappiamo dire se questa resistenza all’invasione della Bolognina risulterà vincente, ma quello che stiamo vedendo con i nostri occhi è che, se ci si attiva, ci sono tutte le possibilità per farcela.

Noi non ci fermiamo e saremo sempre nelle strade.

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ACER: TOGLIE LE CASE AI POVERI E LE RIQUALIFICA PER I RICCHI

Il comune, ormai lo sanno tutti, ha deciso che la Bolognina deve cambiare volto.

Da anni mostri di cemento, come il nuovo Comune, la Trilogia Navile e la Stazione dell’Alta Velocità, stanno trasformando il quartiere, andandone a modificare nel profondo la natura sociale.

Spalleggiati da un’informazione asservita che tende a presentare la Bolognina come il quartiere più pericoloso di Bologna e aiutati dagli interventi militari della polizia che ricordano le squadracce fasciste, i signori di Palazzo d’Accursio stanno sostituendo le classi più basse e meticce che storicamente abitano il quartiere, con funzionari e dipendenti della classe media, ricchi imprenditori e manager. Una classe pulita, che spende soldi e se ne sta buona.

Così facendo si allarga il giro di soldi del business immobiliare e del commercio, e allo stesso tempo si allontanano sempre di più le fasce di popolazione più affamate dal cuore della città, in modo che non costituiscano più un pericolo per la sicurezza e per le proprietà dei ricchi.

Per far ciò il Comune sta attuando una precisa opera di espulsione dei più poveri tramite Acer, l’ente che si occupa delle case popolari.

Sono sempre di più le persone che vedono notificarsi lo sfratto da Acer in Bolognina, che spesso si aggrappa ai motivi più assurdi per giustificare l’ingiunzione, o, semplicemente, non rinnova l’assegnazione.

Questo perchè sono anni ormai che Acer sta cambiando le sue politiche economiche in quartiere, ristrutturando i suoi palazzi (che spesso restano vuoti come i 19 appartamenti in via Albani) e fissando dei canoni calmierati per gli affitti al posto delle assegnazioni popolari.

Ciò vuol dire che se prima in una casa popolare in Bolognina si pagava un canone fisso di 25€ al mese, ora con gli affitti calmierati solo una parte è finanziata dal comune, ed un appartamento viene a costare intorno ai 400€ al mese.

Un aumento non di poco che costringe le famiglie rassegnate a cercare soluzioni abitative sempre più lontano dal centro e che va ad aggravare ulteriormente il bilancio di sfrattati e senza casa in città.

C’è poco da discutere. La casa è una necessità e chi ce la vuole togliere va combattuto. Inutile stare a sperare che il politicante di turno salvi la situazione, inutile aspettare qualcuno che lotti al posto nostro. Guardiamoci bene intorno, scegliamo i fratelli e sorelle con cui lottare e cominciamo.

TOCCA ORGANIZZARSI

OCCUPARE LE CASE E RESISTERE AGLI SFRATTI

RIPRENDIAMOCI IL QUARTIERE

resistereallametropoli@autistici.org

BASTA SFRATTI, LA CASA SI DIFENDE!

I dati dell’emergenza abitativa degli ultimi anni parlano chiaro: 13.200 esecuzioni di sfratto richiesti nello scorso anno in regione e 900 in previsione solo nel comune di Bologna per il prossimo anno; un aumento del 42% che rende evidente come la questione degli sfratti sia un problema sempre più diffuso.
Lo scenario in cui si materializzano questi numeri è quello di una città che ribolle di spazi vuoti, come le 8000 case sfitte o i tanti edifici abbandonati sparsi in tutti i quartieri, parte dei quali di proprietà, come quelli delle poste, delle ferrovie, dell’inps e tanti altri.
La riqualificazione urbana e la scusa della crisi economica, fanno aumentare sempre di più gli affitti, soprattutto in Bolognina, dove la costruzione di nuove infrastrutture, come la Stazione Alta Velocità, la nuova sede del Comune, la Trilogia Navile, ecc., fanno aumentare non solo il valore immobiliare, ma il prezzo complessivo della vita in quartiere. Quello che vogliono è un quartiere senza alcun tessuto sociale, un polo amministrativo fatto di anonime esistenze, dove non c’è spazio per migranti, poveri, giovani ribelli, anarchici, chiunque si viva la strada come luogo di reale aggregazione e socialità
Con le migliaia di persone costrette a vivere per le strade e con altrettante sul baratro dell’imminente sfratto, non si può lasciare in pace chi, attraverso l’imposizione della proprietà immobiliare e del potere che ne deriva, continua a fare affari speculando sulla nostra pelle e devastando il quartiere.
La storia recente di Bologna parla chiaro: sgomberi e sfratti anche violenti, come quelli che abbiamo subito in via di Saliceto e in via Spada, piani urbanistici che prevedono solo la costruzione di appartamenti classe A, da 6.000€ al metro quadro, che in pochi si possono permettere. É evidente come non sia assolutamente dal comune o dalla prefettura che arriverà quel sostegno che permetterebbe a tutti quanti di avere un tetto sopra la testa.
Nessuno ci regala niente. Quello che realmente può mettere alle strette palazzinari, banchieri e imprenditori del cemento, e può darci ciò che vogliamo è l’autorganizzazione, una rete di persone che in prima persona si autogestiscono la lotta e la vita collettiva in quartiere, un qualcosa che permette, tra le altre cose, di non essere soli quando l’ufficiale giudiziario si presenta alla porta per cacciarci di casa.
Se tutte le mattine diverse famiglie vengono gettate in strade, è anche perché questa società ci sta rendendo soggetti isolati che non riescono a stringere quei rapporti sociali di complicità e reale condivisione; è anche grazie a questo che tutti gli abusi da parte di stato, polizia e ufficiali giudiziari, si susseguono imperterriti.
Oggi come nel passato le forme di resistenza si sono create, allargate, sostenute; è ora di dare un seguito a tutto ciò, una resistenza diffusa ovunque, che crei una rete tale per cui l’oppressione si sgretoli piano piano,
fino alla cacciata dal quartiere di chi vorrebbe fare i propri affari sulla nostra pelle.
LA BOLOGNINA È DI CHI CI VIVE!

OCCUPAZIONE IN VIA SPADA 54

Nella mattinata di sabato è stata annunciata l’occupazione di uno stabile in via Spada 54, a una settimana dalla resistenza e dallo sgombero di via Saliceto. Nel primo pomeriggio, il proprietario e un paio di volanti si presentano davanti alla palazzina di quattro piani, per reclamare la decina di appartamenti vuoti e abbandonati. Verso le 19 iniziano le operazioni di sgombero che impiegano una sessantina di sbirri antisommossa; subito un paio di compagni riesce a salire sul tetto. Le barricate reggono per un paio d’ore, ma alla fine cedono e chi si trovava all’interno dello stabile viene portato in questura e denunciato per occupazione e danneggiamento in concorso; a tre occupanti viene notificato il folgio di via da Bologna. Nel frattempo due compagni resistono sul tetto, i pompieri non si accollano il rischio di tirarli giù, mentre in strada si raduna un gruppo di solidali per presidiare la situazione nel corso della nottata.

Per domenica alle 18.00 è stato indetto un presidio contro gli sgomberi in Piazza Dell’Unità.

AGGIORNAMENTO: Nella tarda serata di domenica i due compagni ancora sul tetto sono scesi e tratti in questura, dove oltre alle denunce del caso hanno ricevuto il foglio di via.

 

Ascolta un resoconto della resistenza e dello sgombero da Radioblackout

Leggi il volantino distribuito per annunciare l’occupazione

Riceviamo e diffondiamo questo resoconto:

Dopo 26 ore di resistenza sul tetto alla fine i compagni sono scesi.
Nel pomeriggio di domenica, dopo che per tutta la notte e tutta la mattinata si è mantenuta la presenza solidale sotto lo stabile occupato, si è svolto un presidio nella centrale piazza dell’Unità, che si è poi spostato nuovamente in via Spada, dalla quale poi è partito un corteo determinato per le strade del quartiere. Barricate con i cassonetti per bloccare le principali strade, qualcuno dato anche alle fiamme, e fuochi d’artificio hanno animato le strade della Bolognina, prima che il corteo si ricompattasse nuovamente davanti allo schieramento di celerini che stazionavano sotto l’occupazione.
A quel punto, verso le 22, i compagni sul tetto hanno detto agli sbirri che sarebbero scesi in cambio degli attrezzi che si trovavano ancora nello stabile e della promessa di non essere portati in questura. Anche questa volta però gli infami in divisa hanno dato vera prova di sé: prima li hanno fatti scendere, poi li hanno ammanettati e circondati, manganello in mano, minacciando il pestaggio nel caso ci avessero avvisato che ce li stavano portando via sotto al naso.
Fiutata la mossa, un gruppo di compagni si è spostato sotto la questura. I 2 che erano sul tetto sono stati rilasciati verso l’1 e 20, denunciati per occupazione, danneggiamento in concorso e per ognuno è scattato il foglio di via. Alcuni attrezzi sono stati recuperati, ma molti altri sono stati fatti sparire dalla polizia.
Alla fine comunque sono state altre 2 importanti giornate di lotta, che mettono bene in chiaro la volontà di resistere ai processi di riqualificazione di questo quartiere e di prendersi in maniera diretta ciò che ci serve, a partire dalle case e dalle strade

dal mondo del possibile

Giovedì 31 ottobre, alle 8 del mattino, gli sbirri si sono presentati in massa allo stabile che avevamo occupato da una settimana in via Saliceto 47 per procedere allo sgombero. Ne è nata una resistenza durata dieci ore che ha tenuto impegnata la polizia sia all’interno dello stabile che per le strade del quartiere: compagni sul tetto, compagni barricati all’interno della palazzina e una vivace presenza solidale in strada che ha effettuato più volte blocchi stradali e azioni di disturbo. In serata si contano 14 denunciati per occupazione e 7 procedimenti per foglio di via inflitti a tutti gli occupanti non  residenti a Bologna, ma nessun fermo.
Lo stabile era stato occupato per risolvere il bisogno abitativo di molti di noi, senza casa o stanchi di pagare affitti esorbitanti alla Bologna bene, ma anche per fare un primo passo pratico nella lotta contro la riqualificazione della Bolognina. Questa zona, infatti, eccita da alcuni anni gli appetiti di affaristi e speculatori che, con la regia dell’amministrazione comunale, mirano a trasformarla da  quartiere popolare nel nuovo centro direzionale della metropoli che viene. A suon di sfratti, mega-infrastrutture, centri commerciali e retate della polizia.
Occupare è stato bello, resistere allo sgombero ancora di più. In strada abbiamo ritrovato la gioia e il piacere che in decine di persone abbiamo provato attraversando il posto nelle sue sei intense giornate di vita. Dalla palazzina abbiamo visto un centinaio di poliziotti che non sapevano che cazzo fare, bloccati per ore da una barricata che proprio non voleva venire giù. Sul tetto abbiamo trovato la consapevolezza che è possibile resistere senza compromessi. Dalla mattina abbiamo detto che ce ne saremmo andati solo sulle nostre gambe e con la nostra roba e così abbiamo fatto, incuranti di minacce e vuote promesse per farci scendere.
Alla fine il posto è stato sgomberato, ma la giornata del 31 è stata per noi molto importante. A Bologna occupare non è una pratica consolidata, men che meno per chi non ha termini di mediazione con le autorità o santi in paradiso. Anni di concertazione hanno creato un giro di convenzioni e accordi con le amministrazioni comunali, concentrando su chi non vuole o non può farne parte tutti gli sforzi di una polizia particolarmente rognosa. In un periodo che sta vedendo il ritorno delle occupazioni a Bologna, la giornata di giovedì costituisce un precedente significativo per chiunque ha intenzione di prendersi una casa,  un posto e difenderlo in maniera diretta e senza delega.
Più che la crisi, è la volontà politica di riqualificare e plastificare i quartieri per inserirvi le classi più danarose e meno pericolose ad accrescere prezzi e affitti, buttando sempre più sfrattati in mezzo alla strada. Risolvere la necessità di una casa non può prescindere da una lotta contro la pianificazione urbanistica calata dall’alto, soprattutto in Bolognina, ed è proprio in quest’ottica che abbiamo occupato un posto appartenente ad una ditta di recupero immobili, tentando di inceppare il meccanismo della speculazione edilizia.
Via di Saliceto 47 quindi è stato solo l’inizio. In questi giorni sono stati in molti a passare dal posto, chi in cerca di un posto dove vivere, chi con la stessa esigenza di opporsi alle dinamiche della riqualificazione del quartiere. L’occupazione e la resistenza allo sgombero hanno dato una prima concretezza a questo percorso di lotta. Con 900 sfratti in programma a Bologna per questo anno, con 8000 case sfitte in città, con molti dei lavori di riqualificazione che devono ancora partire e soprattutto forti dei legami di complicità che si sono creati in questi giorni, chissà quante possibilità si possono aprire.
Che quanti hanno bisogno della casa se la prendano, che quanti vogliono opporsi alla riqualificazione del quartiere si organizzino. Di posti vuoti, di metodi di lotta ce ne sono per tutti.
Noi continueremo ad essere per le strade e nei posti abbandonati di questo quartiere, felici di solidarizzare e di organizzarci con chiunque condivide le nostre esigenze e i nostri desideri.
Il possibile è tutto quello che non abbiamo ancora fatto.

Occupanti e solidali di via Saliceto 47

NUOVA OCCUPAZIONE IN BOLOGNINA

Oggi è stato occupato un stabile in via saliceto 47.
L’abbiamo occupato perché siamo senza una casa e con centinaia di edifici e appartamenti vuoti a Bologna non vogliamo più continuare  a dover dare le nostre magre entrate (ottenute barcamenandoci tra lavori in nero e contratti di una settimana a paghe da fame) a proprietari strozzini a cui i nostri soldi servono per pagarsi il suv, pellicce e settimane bianche mentre per noi ci sono solo camere ammuffite.
L’abbiamo occupato perché in questo quartiere vediamo la “riqualificazione” e la speculazione dei soliti potenti che avanza, che vogliono rendere una zona popolare il nuovo centro amministrativo della città, cacciando poco a poco i suoi abitanti, con retate, sfratti, aumento dei prezzi di ben di ogni tipo, in nome di una sicurezza che è solo quella del portafogli dei ricchi, mentre riteniamo fondamentale opporci alle decisioni prese sulla base di interessi economici sulle nostre vite, su come e dove dovremmo incontrarci, su come dovremmo gestire le nostre amicizie, i nostri sogni, le nostre vite.
Questo stabile è di proprietà di una ditta che ha il compito di ristrutturarlo per rivenderlo a prezzi più alti, non sappiamo con che destinazione, ma non vogliamo l’ennesimo albergo o ufficio per una dirigenza che altro non fa che aumentare il divario tra chi i soldi ce li ha e chi invece ne ha sempre meno.
Abbiamo occupato per poter vivere in un posto fuori dalle logiche e dalle gerarchie della competizione, del lucro, per dare vita ad un luogo di incontro libero, per poterci conoscere ed organizzare contro i meccanismi soffocanti della metropoli che ci vuole muti al posto che hanno riservato per noi.

Siete tutti invitati da subito a vivere o visitare lo spazio.

Vediamoci tutti e tutte Sabato 26 ottobre ore 18 assemblea aperta ed alle ore 20 cena popolare per discutere insieme di quello che vogliamo fare per non delegare ad altri le decisioni che ci riguardano.

Gli/Le Occupanti